Christa Rigozzi: «Le hanno ammazzate perché sordomute»

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Monte Carasso – «Volevo verificare di persona dove andassero a finire i soldi delle donazioni… Questo viaggio mi ha sconvolta. In tutti i sensi». È una Christa Rigozzi visibilmente provata, quella che rientra in Ticino dopo una settimana ad Haiti. La showgirl di Monte Carasso dallo scorso settembre è l’ambasciatrice svizzera di Handicap International, associazione di aiuto umanitario che sostiene le persone disabili in tutti gli angoli del mondo. «E ad Haiti c’è tanto da fare. Lì l’handicap è ancora visto con diffidenza, i bambini che nascono disabili vengono abbandonati per strada. Senza contare che il terremoto del 2010 ha causato centinaia di amputazioni».

Articolo di Patrick Mancini

Foto: Giovanni Marchese
Foto: Giovanni Marchese

Senza gambe – La modella ticinese fatica a trattenere l’emozione, mentre racconta dei diversi progetti seguiti da Handicap International nella repubblica caraibica. «Ho potuto, in particolare, viverne tre. Ad esempio quello legato alla riabilitazione e al riadattamento di Moise e Christelle, due ragazzini che hanno perso una gamba durante il terremoto. L’associazione è intervenuta regalando loro una protesi. Christelle ora può andare a scuola a piedi».

Ripartire da zero – Ma Handicap International si occupa anche di reintegrazione socio economica. «Ho conosciuto persone disabili a cui è stata data la possibilità finanziaria di avviare un’attività in proprio. Prendiamo, ad esempio, il panettiere Jean Franz. Ha perso due gambe nel terremoto. Dopo avere ricevuto due protesi e avere fatto una riabilitazione, gli è stato comprato un piccolo forno. Oggi ha un panificio con 8 impiegati».

Abbandonati come rifiuti – Poi c’è il capitolo della protezione dell’infanzia, che a Christa sta particolarmente a cuore. «Handicap International ha aperto una struttura che accoglie una settantina di bambini handicappati. Sono bimbi che erano stati lasciati sul marciapiede come se fossero rifiuti. Perché ad Haiti tanti pensano che chi nasce con una disabilità sia indemoniato, posseduto».

Lapidate nel fiume in secca – Ed è stata proprio questa mentalità a provocare un episodio drammatico. Che la modella ticinese ha potuto vivere in differita. «Pochi giorni prima che io arrivassi ad Haiti tre giovani donne sono state ammazzate a sassate perché sordomute. Stavano rientrando tardi dal lavoro. A un certo punto hanno pensato di chiedere ospitalità in una casa. Purtroppo gli individui che hanno loro aperto la porta hanno interpretato l’handicap come un segno del male. Le hanno prese, le hanno gettate nel letto di un fiume senz’acqua e le hanno lapidate».

Marcia per la giustizia – Il popolo di Haiti, spinto anche da Handicap International, ha marciato fino al palazzo del Parlamento per chiedere giustizia dopo la tremenda morte delle tre donne. «Anch’io ho partecipato alla marcia. Psicologicamente ero distrutta. Ho pianto. Avevo tanta rabbia dentro».

Regime instabile – Christa traccia un bilancio emblematico della situazione. «Ad Haiti ci sono posti in cui la criminalità è alle stelle, pieni di omicidi. C’è povertà, c’è il colera. E il regime politico è instabile. I ricchi se ne fregano dei poveri, non c’è alcuna volontà di svilupparsi. Per fortuna ci sono progetti come quelli di Handicap International che scaldano il cuore».

Una mano concreta – L’organizzazione internazionale, attiva sull’isola dal 2008, ha assunto diverso personale locale. «Si vuole dare il massimo per questa gente, sotto ogni punto di vista. E gli occidentali devono rendersi conto che basta poco per dare una mano concreta. Con 10 franchi ad Haiti si compra un paio di stampelle, con 47 una protesi, con 252 una sedia a rotelle».

La scelta – Anche Christa ci ha messo del suo. Oltre ad avere fatto una donazione personale, ha risparmiato su qualsiasi costo possibile. «Ad esempio non ho voluto essere accompagnata da un fotografo. Le foto del viaggio le ha fatte mio marito Giovanni. E poi ho deciso di non dormire in albergo. Ho passato le mie notti in mezzo a quella gente. Ed è stata un’esperienza di vita che mi ha segnato nell’intimo».

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