In Abruzzo si litiga sulla caccia ai cervi

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(Patrick Pleul/ANSA-DPA)

La Regione aveva autorizzato l’abbattimento di 469 esemplari, considerati una specie invasiva: il Consiglio di Stato ha sospeso la delibera regionale, dopo il ricorso di alcune associazioni ambientaliste

Lunedì il Consiglio di Stato, l’organo di secondo grado della giustizia amministrativa italiana, ha accolto una richiesta di alcune associazioni ambientaliste di sospendere la caccia di 469 cervi in Abruzzo, che la Regione aveva autorizzato sostenendo siano una specie invasiva. Le associazioni avevano inizialmente fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR), l’organo di primo grado, contro una delibera regionale che aveva autorizzato la caccia dei cervi per la stagione venatoria 2024-2025: mercoledì scorso il TAR aveva respinto il ricorso e a quel punto le associazioni si erano appellate al Consiglio di Stato. La prossima udienza in camera di consiglio è fissata per il 7 novembre.

La caccia dei cervi in Abruzzo sarebbe dovuta iniziare lunedì 14 ottobre in alcune zone in cui è autorizzata, chiamate “ambiti territoriali di caccia” (ATC), in provincia dell’Aquila (ad Avezzano, Sulmona, Barisciano, nella Valle Subequana e all’Aquila stessa).

La caccia dei cervi era stata autorizzata l’8 agosto da una delibera della giunta regionale. La stagione di caccia era stata prevista dal 14 ottobre al 15 marzo 2025. Nel documento per la proposta di gestione del cervo nella stagione venatoria 2024-2025 si spiega che il numero di cervi da abbattere viene calcolato sulla base di una “consistenza minima accertata”, cioè in breve su quanti cervi sono stati contati in una certa area. Complessivamente quest’anno è stata conteggiata sul territorio una popolazione di 6.874 cervi.

Nel Piano faunistico venatorio regionale dell’Abruzzo 2020-2024 viene indicata come soglia la presenza di due cervi per chilometro quadrato: se sono più si può avviare l’abbattimento. Nella relazione tecnica allegata alla delibera si parla di densità pari a 3,5 cervi per chilometro quadrato e 2,4 cervi per chilometro quadrato rispettivamente nei comprensori 1 e 2, che raggruppano le aree dove la caccia è autorizzata.

Nei giorni scorsi il presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio aveva motivato la caccia dei cervi dicendo che era necessaria per contenere il numero degli esemplari e per tutelare le attività agricole. Per le associazioni, si tratterebbe solo di pretesti e dell’«ennesimo favore ai cacciatori». Per questa ragione ad agosto avevano avviato una petizione che aveva raccolto più di 134mila firme, e a cui avevano aderito tra gli altri anche personaggi noti come il regista Riccardo Milani, l’attore e regista Alessandro Gassmann e la scrittrice vincitrice del Premio Strega 2024 Donatella Di Pietrantonio.

Nei mesi scorsi era stato molto criticato anche un tariffario inserito nella delibera regionale, che stabiliva i contributi economici che i cacciatori devono versare agli ATC per ogni cervo abbattuto. Le cifre cambiano in base all’età e al sesso degli individui, e alla provenienza geografica dei cacciatori (chi non è residente in Abruzzo paga di più): 250 euro per i maschi adulti, 150 euro per i maschi giovani (2-4 anni), 100 euro per le femmine adulte e giovani (12-24 mesi), 50 euro per un cucciolo di cervo.

Intervistato dal quotidiano abruzzese il Centro, Marsilio ha parlato di decisione «inaudita» del Consiglio di Stato, aggiungendo che la scelta di Regione Abruzzo di abbattere i 469 cervi è legata a un’esigenza di salvaguardare «l’equilibrio ambientale» e la biodiversità del territorio. Marsilio ha parlato del cervo come di una «specie invasiva» al pari del granchio blu, una specie originaria della costa orientale degli Stati Uniti che negli ultimi anni è proliferata in varie zone del Mediterraneo come il delta del Po, causando problemi enormi alla fauna autoctona.

Redazione IL POST

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