E il cuoco pentito chiude il suo ristorante specializzato in carne di gatto

Dopo anni, nei quali ha macellato e cucinato circa 300 felini al mese, il ristoratore vietnamita ha deciso di cambiare attività, ed è diventato un attivista per i diritti degli animali

0
382 Numero visite

Non dire gatto se non ce l’hai nel…piatto. Un gioco di parole che probabilmente farà inorridire e storcere il naso, anzi la bocca, a tutti gli amanti di questi splendidi animali che nessuno vorrebbe veder uccisi in alcun modo (è ancora vivo il disappunto per la morte del gattino scuoiato ad Angri). E per  nessun motivo.

Tantomeno per le voglie culinarie di chi vuole farli finire in pentola o in padella. Ma, inutile far finta di nulla, chi i mici li mangia, e in varie parti del mondo. Come in Vietnam dove anche se la maggioranza della popolazione non lo fa c’è chi vuole gustarli perché persiste la credenza che assaggiarli combatta la sfortuna. A questi degustatori di carne felina si è rivolto per anni un ristoratore vietnamita che per cinque anni ha servito piatti chiamati “thit mèo” (carne di gatto) e “tieu ho” (piccola tigre) nel suo ristorante di Thai Nguyen che aveva anche un macello collegato dove lui, il titolare Pham Quoc Doanh, uccideva circa 300 gatti al mese.

Il verbo è al passato perché ora il trentasettenne si è “ravveduto” e ha deciso di chiudere sia il locale che il macello. Per farlo e non tornare sui suoi passi ma uscire definitivamente da questo tipo di commercio, in cui molti dei gattini che finiscono nel piatto sono rubati a famiglie che non smettono di cercarli, ha chiesto aiuto ai volontari di un’organizzazione di tutela animale all’interno del programma  “Models for Change” di Humane Society International lanciato l’anno scorso in Vietnam dopo il successo ottenuto nel 2015 in Corea del Sud altro paese in cui vengono consumate la carni feline. “Da un po’ di tempo sentivo il sincero desiderio di abbandonare il crudele business della carne di gatto e passare a qualcos’altro il prima possibile – ha spiegato il ristoratore -. Se penso a tutte le migliaia di gatti che ho macellato e servito qui nel corso degli anni, è sconvolgente. Mi rende felice sapere che, grazie a HSI, mia moglie ed io possiamo lasciarci alle spalle questo business  brutale e alimentato dalla criminalità. Voglio che il commercio di carne di cane e di gatto sia vietato per sempre in Vietnam”.

Un desiderio condiviso dal responsabile del programma vietnamita di Humane Society Internation, Nguyen: “Siamo entusiasti della prima chiusura di una attività di commercio di carne di gatto che abbiamo operato in Vietnam e speriamo che sia la prima di molte altre, dato che sempre più persone come il signor Doanh si allontanano da questo commercio crudele. Sebbene la maggior parte dei vietnamiti non mangi carne di gatto, persiste la credenza che il consumo possa curare la sfortuna”. “Il furto di gatti è così comune in Vietnam che so che molti arrivati qui erano gli amati compagni familiari di qualcuno, e mi dispiace molto per questo”, continua l’ex cuciniere pentito confermando il dato secondo il quale in Vietnam viene ucciso ogni anno circa un milione di gatti destinati a diventare pasto umano, e sono quasi tutti rubati o randagi catturati per strada.

L’ex ristoratore che ha distrutto l’insegna del suo ristorante che indicava “carne di gatto” e ha intenzione di aprire un negozio di alimentari (senza nulla che abbia a che fare con nessun animale domestico) e come segno dell’accordo e della parola data ha spontaneamente consegnato all’organizzazione gli ultimi restanti quattrozampe presenti nel suo mattatoio: “Questi venti e gattini fortunati sono sfuggiti a un destino terribile e troveranno una casa amorevole – ha ricordato l’animalista Nguyen -, ma il nostro lavoro continua per vedere implementato, a livello nazionale, un divieto al commercio di carne di gatto, attività che porta dolore e angoscia a così tante persone”.nSecondo un sondaggio realizzato da Nielsen e commissionato da Hsi pochi mesi fa, lo scorso ottobre, in Vietnam la carne di gatto è consumata da una minoranza (21%) soprattutto nella capitale Hanoi e nella provincia settentrionale di Thai Binh, mentre la maggioranza (71%) è  favorevole al divieto. E plaude al ravvedimento del ristoratore pentito.

di Luisa Mosello – Repubblica Mondo

 

L'informazione completa