Il pulcino «disabile» che insegna l’integrazione agli studenti: viaggio nella fattoria speciale

Il centro didattico Campagna Grande frequentata da diversamente abili, anziani e scolaresche: «Ci auguriamo che i nostri ospiti ne apprezzino il valore»

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Charlie, il pulcino disabile, con i suoi fratelli

Piccolino, un po’ spennacchiato e con il becco storto. Ma solo a osservarlo mette allegria. Charlie, il pulcino di razza moroseta che da una decina di giorni ha trovato casa a Pressana, nella fattoria didattica «Campagna Grande», ha già la stoffa della star. Chissà se qualche gallina gli avrà raccontato la storia di Pumba, il maialino di Altissimo (Vicenza) nato con una malattia genetica, diventato un fenomeno dei social grazie al proprietario Charley Rama, che l’ha adottato e ne ha raccontato la storia per due anni sulle pagine di Instagram e Facebook.

Pumba è morto a gennaio a seguito di un infortunio a una zampa, ma ha vissuto un’esistenza straordinaria. Charlie il pulcino ha un problema evidente: il becco incrociato, che gli rende molto difficoltoso alimentarsi. Si tratta di un difetto non proprio raro, dovuto alle condizioni dell’incubazione. Molti allevatori tendono a escludere l’esemplare che manifesta questa anomalia, lasciandolo al proprio destino, ma a «Campagna Grande» ci sono dei valori imprescindibili: inclusività, attenzione all’altro, rispetto della natura e sostegno reciproco nelle difficoltà.

Riportando una citazione forse un po’ troppo abusata, «la diversità è soprattutto negli occhi di chi guarda». Il pulcino disabile, infatti, ha un temperamento tutt’altro che remissivo. Lo racconta Sharron Blundell, titolare dell’azienda agricola pressanese, assieme al marito Piero Scarato.

La giornata di Charlie

«Charlie fa esattamente quello che fanno i fratelli e le sorelle: corre, saltella, cerca il cibo, si nasconde e si avvicina curioso quando porto un nuovo accessorio nel pollaio», racconta Sharron. Per Charlie è stata predisposta una ciotola più piccola a parte, perché il mangime che gli viene somministrato è più morbido. Eppure lui è attratto dalla mangiatoia dei sei fratelli, specialmente quando li vede tutti in cerchio a becchettare.

«Ieri ha fatto una cosa molto curiosa», continua Sharron. «Mentre stavano tutti vicini a mangiare, e lui non trovava spazio per infilarsi in mezzo a loro, ha pensato di passare sotto le loro zampe per guadagnarsi un posto in prima fila sulla mangiatoia: è audace e furbo il piccoletto», sorride la proprietaria che, essendo di origine britannica, spesso si rivolge agli animali in inglese.

Charles è decisamente un nome nobile. Chissà se Charlie avrà un futuro da re del pollaio. O forse regina, dato che non è stato ancora possibile stabilire il sesso del volatile.

L’approccio dei visitatori della fattoria didattica

Quando arriveranno in visita alla fattoria i disabili adulti, i gruppi di anziani o le scolaresche in gita, Piero e Sharron non intendono svelare subito la peculiarità del loro pollaio. «Lasceremo che i visitatori osservino, che provino a capire chi detta le regole all’interno del gruppo, chi è più audace e chi, invece più timido o diffidente. Ovviamente ci auguriamo che notino la forza della diversità di Charlie e ne apprendano il valore», spiega Piero Scarato.

Un plauso alla fattoria «Campagna Grande» arriva da Michela Romano di Gea, Centro studi interventi assistiti con animali. «Credo che un esemplare con una deformità come Charlie sia una risorsa in una fattoria didattica, specialmente quando si lavora con persone con disabilità», afferma Romano.

La psicoterapeuta ricorda che c’è una grande differenza fra la pet therapy e l’interazione con gli animali in una fattoria. «La prima è studiata da un’equipe medico-educativa e ha finalità terapeutiche, la seconda è più semplice e riguarda la sfera del sollievo momentaneo, della piacevolezza di condividere del tempo con un animale», chiarisce.

L’interazione con i disabili

Sulle galline rivela aspetti poco noti. «Nei casi di disabilità grave è molto più utile far interagire l’utente con una gallina che con un cane», spiega Romano. «Il fatto che la gallina se ne stia per i fatti suoi e sia meno esigente nella relazione rispetto al cane aiuta le persone a tranquillizzarsi. A volte, lo sguardo di un cane che richiede attenzione può far aumentare l’ansia, mentre la gallina sa mettere a proprio agio le persone che hanno bisogno di tempi lunghi per stabilire un contatto. Quando l’utente è pronto, si può proporre di far mangiare la gallina dalla mano o si può appoggiare il volatile in grembo», conclude la psicoterapeuta.

 

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