Sordo, con un occhio blu e uno marrone Buddy che nessuno vuole adottare

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di Danilo Mainardi

Da due anni è ospite di un canile in Scozia, in quel periodo almeno mille cani hanno trovato un padrone che li ha portati con sé ma lui è ancora lì.

Non ha molto di quei segnali infantili, sempre più enfatizzati in tutte le razze canine perché accuratamente selezionati dagli allevatori. Quello cerca e vuole la maggior parte della gente: un cane che sia un cucciolo perenne. E poi lui non è neppure di razza…

Dal numero di «7» in edicola il 3 febbraio, vi proponiamo questa articolo di Danilo Mainardi, che apparve sul quotidiano il 26 gennaio 2015. Buona lettura

Sono tristemente significative le poche parole con cui Susan Tonner, funzionaria del Dog Trust britannico, descrive la poco fortunata situazione di Buddy, un cane bastardo da due anni ospite di un canile in Scozia. In quei due anni almeno mille cani sono stati adottati con successo, ma Buddy è lì. Dice Susan: «Ogni giorno visitatori motivati ad adottare un cane passano davanti alla sua gabbia, rallentano, ma subito proseguono verso altre gabbie». Forse, continua Susan, perché Buddy ha gli occhi diversi – uno blu, uno marrone – ed è sordo. Probabilmente è così. Sta di fatto che a lui sembra precluso un futuro migliore, una vita in famiglia, un legame con un padrone.

Ho guardato a lungo la foto di Buddy e vedo altri tratti che forse non ce la fanno ad attirare e trattenere uno sguardo frettoloso: orecchie strane, un po’ puntute, un muso spigoloso, una testa dal profilo netto non bombato. Insomma non ha molto di quei segnali infantili, sempre più enfatizzati in quasi tutte le razze canine perché accuratamente selezionati dagli allevatori. È quello che cerca e vuole la maggior parte della gente: un cane che sia un cucciolo perenne, con occhi tondi allegri, un muso morbido, orecchie basse, testa tonda. Ma Buddy non appartiene ad una razza.

Lui è parte di quella schiera infinita di bastardi tutti diversi, di quell’enorme variabilità prodotta dal libero e casuale mescolamento delle razze, frutto di una situazione in cui è venuta meno, in parte, la pressione della selezione naturale e in cui, d’altro lato, non si fa più sentire quella artificiale. I colori diversi degli occhi di Buddy vengono da lì, da quegli allegri, liberi accoppiamenti da cui nasce ciò che nasce e scampa di tutto un po’. E la sua sordità, probabilmente, è il marchio di una vita grama, di stenti, nelle strade. Veniamo dunque all’aspetto cinofilo, inteso come amore per i cani, più che per le razze.

Non intendo scivolare in un retorico inno all’adozione dei bastardi, bensì richiamare tutti noi ad andare oltre con lo sguardo. Oltre all’estetica obbligatoriamente accattivante dei cani della pubblicità in tv, oltre al rigore imposto dagli standard delle razze canine, oltre all’aspettativa scontata di un simpatico e vivace bastardino. Serve, penso, la capacità di vedere altre e diverse bellezze e, insieme, la forza di prendersi maggiori responsabilità. È un impegno che dovremmo sentire forte, partendo da quelle mute di cani che vagano nelle nostre periferie. Di questo ha bisogno Buddy. Di un visitatore che apre la porta di quel canile, motivato a scegliersi un compagno di vita e a «fare del bene». Una persona libera da schemi precostituiti che passando davanti alla gabbia di Buddy ne colga la bellezza anarchica e ribelle, se lo porti a casa e impari a convivere con lui comunicando col linguaggio dei segni per cani. Si creerà un rapporto unico ed esclusivo. Arriverà, ne sono certo, quel visitatore, anche perché, dimenticavo: Buddy è bellissimo!

 

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