Il veterinario: “Il 40% delle famiglie italiane vive con un cane o un gatto, ma prendersene cura è considerato dal fisco un bene di lusso”.Un aggravio pesante anche per gli animali degli allevamenti, nei quali si rischia di risparmiare sul loro benessere

di CRISTINA NADOTTI

Per le associazioni dei medici veterinari e delle imprese dell’alimentazione animale e dei farmaci veterinari la giornata mondiale del cane è l’occasione per riportare l’attenzione sui costi che le famiglie devono sostenere per garantire agli animali d’affezione cure e alimentazione corretta. Una visita per il cane o il gatto, la razione quotidiana di cibo umido o secco sono infatti considerate, dal punto di vista fiscale, al pari dei superalcolici o dei ritocchi estetici senza fini terapeutici. In italia infatti su prestazioni veterinarie e alimenti per animali grava un’aliquota Iva del 22%, come sui beni di lusso, mentre in Germania, per esempio, in considerazione della quotidianità d’utilizzo e del ruolo degli animali d’affezione in società, l’aliquota Iva sugli alimenti per cani e gatti è al 7%.

Secondo l’ultimo rapporto Assalco- Zoomarkt sugli animali d’affezione, il  40% delle famiglie italiane vive con un cane e/o un gatto, spesso con più di uno. Spesso gli animali domestici sono la compagnia di anziani che vivono di pensioni modeste, oppure di famiglie con bambini diversamente abili per i quali il cane è importante ai fini della socializzazione. Eppure il carico fiscale che deriva dalla cura degli animali li rende, per alcuni un lusso insostenibile, soprattutto adesso, che la pandemia ha ulteriormente ridotto le capacità di spesa di molte famiglie.

Da tempo le più importanti Associazioni del settore hanno chiesto al Governo e al Parlamento che, al primo provvedimento utile, gli alimenti per cani e gatti e le prestazioni veterinarie siano collocati in modo permanente nella fascia Iva agevolata al 10%, la stessa dei medicinali veterinari.  Assalco, l’Associazione nazionale tra le Imprese per l’alimentazione e la cura degli animali da compagnia e le maggiori associazioni del settore che riuniscono Medici Veterinari e Imprese dell’alimentazione animale e dei farmaci veterinari (Anmvi, Fnovi, Simevep, Enpav, Aisa, Ascofarve e Assalzoo) hanno inviato a Governo e Parlamento una lettera per ribadire l’urgenza di una revisione dell’aliquota fiscale.

“Il settore della salute e del benessere animale è considerato funzionale ad assicurare la continuità della filiera, servizi di pubblica utilità ed essenziali. – si legge nella lettera – Per questa ragione, le attività di questo settore non sono state sospese durante il lockdown. Nonostante il loro carattere di essenzialità, le prestazioni veterinarie e i prodotti alimentari per animali da compagnia continuano ad essere collocati nello scaglione Iva più elevato, al pari di beni e servizi di lusso e/o non essenziali”.

Le associazioni sottolineano inoltre che l’Iva grava per il 22% non soltanto sulle famiglie che si prendono cura di animali d’affezione, ma anche sugli allevatori, con il rischio che le difficoltà economiche portino a risparmiare sul benessere degli animali e sulla prevenzione, cura, controllo e mantenimento della salute degli animali allevati a scopo di produzione di alimenti per l’uomo. 

“È importate che tutte le famiglie italiane siano messe in condizione di garantire al proprio animale da compagnia le cure e l’alimentazione necessaria, scongiurando la possibilità che la forte tassazione agisca da deterrente – sottolinea Marco Melosi, presidente dell’associazione nazionale medici veterinari italiani – I cani sono considerati membri a tutti gli effetti delle nostre famiglie. Sono inoltre membri socialmente utili delle comunità nelle quali svolgono molteplici attività, tra le quali assistenza ai non vedenti o soccorso in caso di emergenza. Prendersene cura è quindi un dovere imprescindibile di ogni proprietario e della società civile”.

“La salute e la lunga vita dei pet dipendono in buona misura dall’alimentazione, dalla prevenzione e dalle cure mediche – conclude il veterinario – Ciò nonostante, gli alimenti industriali per cani e gatti e le prestazioni veterinarie continuano ad essere collocati nello scaglione Iva più elevato, al pari di beni e servizi di lusso e/o non essenziali. Un aggravio importante se si considera che il 40% delle famiglie italiane vive con un cane e/o un gatto.”

 

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