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Due anni fa lo ha ucciso, ora vuole una foto del suo Diego che aveva 4 mesi

Nuova udienza del processo a carico di Loredana Morelli, 36 anni, di Campolattaro, sordomuta

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Il 13 gennaio del prossimo anno è prevista la sentenza della Corte di assise sulla tragica vicenda del settembre del 2019

Benevento.  – 21 settembre 2021 – Ha chiesto se è possibile avere una foto di Diego. Un’immagine del suo piccolo di quattro mesi che Loredana Morelli (avvocati Matteo De Longis e Michele Maselli), 36 anni, di Campolattaro, sordomuta ed affetta da una forma psicopatologica, ha confessato di aver ucciso il 15 settembre del 2019.Da quel terribile giorno sono trascorsi due anni: un lasso di tempo nel corso del quale la donna, ospite di una struttura per l’incompatibilità tra le sue condizioni e la detenzione in carcere, non aveva mai fatto domande sul bimbo. La vittima di un gesto agghiacciante per il quale è imputata di omicidio.

Questa mattina una nuova udienza del processo a suo carico: dinanzi alla Corte di assise sono sfilati il medico legale Emilio D’Oro, che aveva curato l’autopsia su incarico del sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro, e uno dei due psicologi del Racis dei carabinieri che avevano redatto una relazione, mentre sono state acquisiste le valutazioni dei dottori Francesco Vestini e Sergio De Filippis, consulenti del compagno e dei familiari, parti civili con l’avvocato Antonio Zobel,

Il 10 novembre nuovo appuntamento in aula riservato ai testi della difesa (ne saranno citati oltre venti), poi, il 13 gennaio del prossimo anno, la discussione e la sentenza su una vicenda che aveva inevitabilmente avuto all’epoca una eco vastissima.

Il giorno del dramma, Loredana, che una perizia psichiatrica ha definito seminferma di mente, si era allontanata da Quadrelle con Diego a bordo di una Opel Corsa. Ossessionata dai sospetti, voleva raggiungere la sua famiglia a Campolattaro. Per non farsi fermare dai carabinieri, che la cercavano dopo la denuncia del convivente, aveva imboccato la Benevento -Caianello, giungendo all’altezza di Solopaca, dove la Corsa era finita contro la barriera.

Era scesa, aveva preso tra le braccia Diego, rimasto ferito, come dimostrano le tracce di sangue sul seggiolino e nell’abitacolo, e l’aveva lanciato di sotto, certa che in quel punto scorresse il fiume. Poi, intenzionata a farla finita, aveva fatto altrettanto, restando impigliata tra i rovi, come il bimbo. Lo aveva raggiunto e colpito alla testa con un pezzo di legno, ammazzandolo.

Per un anno era rimasta chiusa in un silenzio che aveva rotto prima di essere spedita a giudizio. Quando, supportata da una esperta del linguaggio dei segni, aveva raccontato la sua sconvolgente versione dei fatti, ammettendo di aver ucciso il figlioletto.

 

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