Le persone con disabilità sono quasi assenti dalle pubblicità: lo rivela una ricerca di Nielsen condotta negli Stati Uniti

I dati di Nielsen fanno luce non solo sulla scarsa rappresentatività delle persone con disabilità nell'universo pubblicitario, ma anche sul bisogno di creare dei contenuti creativi che rappresentino questa fascia di popolazione in maniera adeguata

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Più di un quarto della popolazione statunitense è disabile (il 26% dei cittadini).

Nonostante ciò, solo l’1% delle pubblicità trasmesse in prima serata mostra persone con disabilità: si tratta di un dato che rivela che una percentuale importante della popolazione è ancora praticamente ignorata nel contesto della comunicazione aziendale.

Raquel Baptista

Per analizzare più a fondo il tema della disabilità e pubblicità, Nielsen ha condotto un’indagine su un campione di circa 450mila pubblicità trasmesse in prima serata in TV a febbraio 2021 negli Stati Uniti. I risultati, diffusi il 19 agosto 2021, sottolineano che la strada da percorrere per rendere il settore più inclusivo è ancora lunga.

SE LA DISABILITÀ VIENE IGNORATA DAI BRAND: I DATI DI NIELSEN

Un’importante fetta di popolazione, stando ai dati menzionati, non è presa in considerazione da molti brand e, di conseguenza, questi ultimi perdono l’opportunità di connettersi in maniera più profonda con questa comunità di persone.

Come descritto nel report di Nielsen, «nella maggior parte delle volte, la disabilità è assente dalla pubblicità, salvo quando si tratta di promuovere dei prodotti relativi alla disabilità». Così, una delle problematiche individuate dalla ricerca riguarda la mancanza di un’adeguata rappresentatività di persone con disabilità. Queste, inoltre, raramente vengono mostrate in situazioni di vita quotidiana come il lavoro, le faccende domestiche, la cura dei bambini o lo svolgimento di hobby, per esempio.

Delle 450mila pubblicità prese in analisi dall’azienda soltanto 6mila includevano persone disabili e più della metà di queste mirava alla promozione di prodotti o servizi del settore medico o relativi alla cura personale

L’investimento fatto dai brand per includere la disabilità nelle loro pubblicità è ancora molto ridotto: in effetti, solo il 3% della spesa dedicata alla pubblicità per la prima serata è stato usato per la creazione di adv con persone disabili. Inoltre, circa il 50% di questa spesa nel periodo in analisi ha puntato a promuovere la vendita di prodotti farmaceutici e trattamenti e dispositivi medici.

Anche se i trattamenti medici e la cura personale sono aspetti importanti nel quotidiano delle persone disabili, è importante ricordare che la loro vita va molto oltre la disabilità stessa: «gli advertiser hanno l’opportunità di presentare le persone disabili nella quotidianità, mentre utilizzano dei prodotti e dei servizi offerti dai differenti brand», ha sottolineato l’azienda specializzata in ricerche di mercato.

L’INCLUSIONE DELLA DISABILITÀ NELLA PUBBLICITÀ E IL RISCHIO DELL’INSPIRATION PORN

Un aspetto importante menzionato nel report di Nielsen riguarda l’impegno dei brand nel cercare di includere la disabilità nelle proprie strategie comunicative. Ciò dovrebbe avvenire in maniera adeguata, creativa e naturale, senza cioè concentrarsi specificamente sulla disabilità, ma mostrando scene quotidiane in cui sono presenti persone con differenti tipi di disabilità, aumentando così la loro visibilità e rompendo lo stigma su questo argomento

Nielsen sottolinea che il rischio che si corre è quello di incappare nel cosiddetto “inspiration porn[1]. L’espressione è stata coniata da Stella Young, attivista australiana per i diritti delle persone con disabilità, per definire i contenuti che riprendono le esperienze di persone con disabilità – spesso facendo leva sull’emozione e sul sentimentalismo – allo scopo di ispirare o di motivare le persone non disabili. Contenuti di questo tipo portano spesso a un’oggettivazione delle persone disabili, rendendo ancora più difficile il processo di “normalizzazione” della disabilità.

Anche se la ricerca di Nielsen è stata condotta negli Stati Uniti, il problema riguarda in realtà l’intera industria pubblicitaria a livello globale. Organizzazioni come Pro Infirmis (nata per sostenere persone con disabilità) si impegnano per contrastare questo tipo di comunicazione e per aumentare la presenza di persone con disabilità in pubblicità.

Per questa ragione, nel 2019 l’organizzazione menzionata ha ideato la campagna “Handicap sì. Limiti no” che riprende delle note pubblicità diffuse in Svizzera, sostituendo i protagonisti per persone con disabilità.

Un’altra campagna ancora, “Siamo tutti uguali. Nessuno è più uguale“, lanciata nel 2018 dalla stessa organizzazione, presentava invece diversi momenti e attività tipiche della quotidianità di qualsiasi individuo, ma vissute da persone disabili, ricordando che ci sono situazioni e momenti che accomunano tutte le persone.

Per quanto riguarda l’inclusione della disabilità nel mondo pubblicitario, nel report di Nielsen Christina Mallon, head of inclusive design and accessibility dell’agenzia di marketing e comunicazione Wunderman Thompson, ha spiegato che anche lei, portatrice di handicap, si è sentita poco rappresentata come consumatore e ha dichiarato: «diversi brand hanno compreso il bisogno di coinvolgere e di includere le persone con disabilità. Quando però includono persone con disabilità nei loro contenuti creativi, è necessario che ci presentino per quel che siamo – al di là delle nostre disabilità – senza ignorare il fatto che ne abbiamo una».

 

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