La Regione Calabria ha dimenticato la disciplina sul collocamento mirato.
La legge n. 68 fu introdotta in Italia nel lontano 1999 con l’obiettivo di favorire l’inclusione delle persone con disabilità.
CATANZARO – Nonostante i passi avanti fatti a livello nazionale, il traguardo per l’amministrazione regionale – fa notare il sindacato CSA-Cisal – resta molto lontano. Sostanzialmente per ventidue anni la legge n. 68 (e le sue successive modifiche e integrazioni) è rimasta inattuata.
PER ESSERE IN REGOLA LA REGIONE DEVE ASSUMERE 31 PERSONE DISABILI – Secondo i parametri legislativi, la Regione Calabria dovrebbe assumere il 7% dei lavoratori occupati. Le assunzioni che dovrebbe effettuare la Regione Calabria sono quindi 31. Personale da assumere con la categoria B1 in maniera diretta. Ricordiamo – aggiunge il sindacato CSA-Cisal – che è prevista anche una sanzione in caso di inadempienza: 150 euro al giorno per ciascun lavoratore non assunto moltiplicato ancora per il numero dei giorni per cui persiste la non attuazione della disciplina. Come mai passati oltre venti anni nessuno ha mai pensato di programmare queste assunzioni? È mai possibile essersi dimenticati di questo obbligo previsto per le Amministrazioni pubbliche e per i privati?
A proposito ricordiamo che ogni anno, gli Enti dovrebbero redigere il cosiddetto Pid (prospetto informatico disabili). Si tratta sostanzialmente di un’auto-dichiarazione in cui la Pubblica Amministrazione certifica di rispettare i parametri del collocamento obbligatorio, che ricordiamo essere, per l’Amministrazione regionale, il 7% dei lavoratori occupati (avendone più di 50). Come è stato possibile eludere questo obbligo di legge? Come si è certificato di aver rispettato i dettami della legge sul collocamento mirato se è noto a tutti che la Regione non lo hai mai rispettato?
IL PARADOSSO. LA REGIONE È INADEMPIENTE, MA TRAMITE I CPI MULTA PUBBLICI E PRIVATI CHE NON RISPETTANO L’OBBLIGO SUL COLLOCAMENTO MIRATO – Ovviamente come in ogni “disattenzione” dell’Amministrazione non poteva mancare anche un clamoroso paradosso. La Regione Calabria pur non avendo mai adempiuto agli obblighi in materia, dal 1° luglio 2018 ha assorbito i Centri per l’Impiego (Cpi). Indovinate una delle attività svolte dai Cpi? Ebbene sì, sanzionare i datori di lavoro (sia enti pubblici e sia privati) che non rispettano la quota del collocamento mirato. La Regione Calabria che dovrebbe dare l’esempio non solo elude la legge sul reclutamento dei disabili ma “garantisce” il rispetto della norma, per mezzo dei Cpi, sugli altri datori di lavoro (pubblici e privati). Non esattamente il massimo della coerenza e correttezza giuridico-amministrativa. La Regione – chiede a questo punto il sindacato CSA-Cisal – si dovrebbe multare da sola per inadempienza? Veramente incredibile. È sempre più urgente intraprendere la corretta via e assumere la categoria dei disabili anche per evitare questa incredibile discriminazione. Va detto, che nel corso di questi anni non è che non siano state fatte assunzioni di lavoratori di queste categorie, ma sono state assolutamente sporadiche e soprattutto non all’interno della programmazione della dotazione organica (prima) e del fabbisogno del personale (dopo), come invece avrebbe dovuto essere. Il clamoroso ritardo – tuona il sindacato CSA-Cisal – impone un immediato intervento. Non dobbiamo certo dimenticare che non si tratta di un mero adempimento burocratico ma quando parliamo dell’assunzione di disabili affrontiamo un tema più ampio e delicato, ossia quello di essere in grado di valorizzare queste preziose risorse che purtroppo rispetto ad altri lavoratori nella loro esistenza hanno subito svantaggi. È forse uno dei significati più “alti” del lavoro, quello di consentire a coloro che hanno meno opportunità di potersi realizzare attraverso la propria attività e nel contempo dare il proprio contributo all’interno di una organizzazione lavorativa complessa.
L’inclusione lavorativa di queste categorie – sostiene il sindacato – può portare un valore unico in una Amministrazione complessa come quella regionale e contribuire alla sua performance. Ovviamente, un Ente pubblico, ancor più che il privato, dovrebbe fare di questo obiettivo un caposaldo della sua azione.
NECESSARIA INVERSIONE DI ROTTA CON IL NUOVO PIANO DEL FABBISOGNO. CONFIDIAMO NEL PRESIDENTE E NEL DG DEL PERSONALE – Detto ciò – prosegue il sindacato – adesso è giunta l’ora che la Regione prenda atto della sua inadempienza e corregga oltre venti anni di indifferenza. Se pure crediamo sia necessario avere un occhio vigile sulle “stabilizzazioni”, una delle priorità del nuovo piano del fabbisogno del personale deve essere appunto il reclutamento delle 31 unità, che, in osservanza della legge, dovrebbero assumersi come quota obbligatoria fra i disabili. È un dovere giuridico ma anche morale. Pertanto, confidiamo nella sensibilità – che sicuramente non mancherà – del presidente f.f. della Giunta regionale e del dirigente generale del dipartimento Personale affinché affrontino e risolvano questa circostanza incresciosa una volta per tutte. L’occasione è appunto data dalla stesura del “Piano triennale del Fabbisogno di personale 2021-2023”. Non sarebbe un mero atto amministrativo ma anche un provvedimento politicamente rilevante perché invertirebbe la rotta rispetto alla disattenzione del passato. E inoltre sarebbe un significativo segnale di apertura ai disabili da parte dell’Ente territoriale più importante della Calabria. Conferirebbe alla Regione – conclude il sindacato – un’immagine non più sbiadita su questa tematica e avvicinerebbe sensibilità troppo spesso trascurate. Chi non rispetterà questo impegno politico e amministrativo, ma soprattutto morale non riceverà alcuno sconto da parte del sindacato.