Legge 104: se i permessi retribuiti vengono utilizzati per altri scopi rispetto a quelli per cui sono previsti, si rischia il licenziamento per giusta causa e la denuncia penale per truffa ai danni Inps.
Arriva la nuova pronuncia della corte di cassazione che respinge il ricorso del lavoratore presentato dopo aver subìto il licenziamento con l’accusa di aver utilizzato i permessi concessi a tutela dei disabili per attività personali. Vediamo come funzionano i benefici lavorativi della legge 104, e quali sono tutti motivi che possono comportare sanzioni e conseguenze anche penali quando le agevolazioni vengono utilizzate in modo improprio.
di Valentina Simonetti
Permessi legge 104: una nuova ordinanza della Corte di Cassazione del 16 giugno 2021 stabilisce che è giusto il licenziamento in tronco del lavoratore caregiver che abusa delle agevolazioni concesse dalla legge.
La sentenza inoltre conferma e ribadisce la legittimità dei controlli da parte del datore di lavoro anche tramite agenzie di investigazione per verificare che la giornata o le ore di permesso mensili siano correttamente state utilizzate per prestare assistenza al familiare disabile e non per altri scopi privati.
Ecco come funzionano i benefici per i lavoratori dipendenti e quali regole rispettare per non rischiare licenziamento, sanzioni e denuncia penale per truffa ai danni INPS.
Chi ha diritto alle agevolazioni della legge 104
La cosiddetta legge n. 104/92 contiene una serie di norme a tutela dei diritti delle persone con disabilità riconosciuta, non autosufficienti e con malattie invalidanti, promuovendo una maggiore inclusione sociale a garanzia della massima autonomia del soggetto.
Dunque la stessa legge prevede agevolazioni anche fiscali, non solo per il disabile ma anche per chi presta assistenza, cioè la persona riconosciuta come “caregiver familiare“.
Una definizione entrata ormai nel linguaggio di uso comune e utilizzata appunto per denominare chi a titolo gratuito si offre per svolgere il ruolo di assistente nei confronti del parente non autosufficiente. Anche il caregiver che assiste il soggetto bisognoso a titolo gratuito ma che ha già un contratto di lavoro in essere, può sfruttare i benefici che vengono riservati dalla legge 104.
In particolare il riconoscimento e la successiva applicazione del “comma 3” della legge regolamenta anche i permessi di lavoro retribuiti dei quali sia il soggetto che uno dei familiari possono godere mensilmente. Quando uno o tutte e due i soggetti abbiano un contratto di lavoro in essere e quando il disabile non si trovi ricoverato permanentemente in una delle strutture come ospedali o istituti di riabilitazione.
Oltre ai permessi, la legge 104 garantisce anche altri benefici al caregiver lavoratore: come ad esempio il congedo retribuito, la possibilità di scelta o trasferimento presso sede di lavoro più comoda in base alla residenza del familiare disabile ( quando possibile), o la scelta di turni lavorativi evitando ad esempio quelli notturni.
Ma sono proprio i permessi retribuiti ad essere stati messi recentemente sotto inchiesta e tornati alle cronache grazie alla corte di cassazione che ha stabilito cosa si può rischiare in caso di abuso.
Come si richiede la legge 104 per i familiari
Per usufruire delle agevolazioni lavorative previste dalla legge 104, occorre fare specifica domanda corredata anche da un’apposita documentazione.
Il primo requisito ovviamente è che al familiare da assistere sia stato riconosciuto lo stato di “portatore di handicap” grave o meno.
Il che differenzia notevolmente il soggetto da altri riconoscimenti come ad esempio l’invalidità civile. A tale proposito vanno prese come riferimento le apposite tabelle del Ministero che indicano quali patologie o condizioni definiscono la possibilità di rientrare nelle agevolazioni.
In generale i criteri possono essere applicati quando in concomitanza della patologia stessa è gravemente compromessa anche la condizione sociale, lavorativa e riconosciuta la non autosufficienza. Cioè tutti i casi in cui la commissione medica stabilisce che il disabile non è più in grado di svolgere compiti ed azioni quotidiane come ad esempio deambulare, vestirsi, lavarsi o mangiare.
Quindi occorre la valutazione specifica INPS. La cartella clinica dovrà contenere esami e visite specialistiche che attestano la diagnosi. Una volta completato l’iter burocratico, si riceve il verbale con la valutazione finale e se riconosciuto lo stato di handicap con legge 104, si può procedere con la richiesta dei permessi retribuiti.
Legge 104: come funzionano i permessi di lavoro retribuiti
Se il soggetto disabile è lavoratore può richiedere tramite domanda all’Inps i permessi retribuiti per assentarsi dal lavoro. Allo stesso modo viene riconosciuto il diritto anche per il familiare che se ne prende cura.
Per fare domanda c’è un’apposita procedura da seguire che può essere effettuata direttamente online dal soggetto che richiede i permessi, oppure può essere inviata tramite patronati e caf. Possono ottenere i permessi legge 104, i caregiver parenti fino al terzo grado del soggetto con handicap. Sono inclusi coniugi, affini, e conviventi quando sussiste l’unione civile.
I permessi concessi consistono in tre giorni di assenza mensile, anche divisi a ore. Che vengono retribuiti regolarmente dal datore di lavoro in base alla paga oraria prevista dal contratto.
Questo diritto non spetta ai collaboratori familiari professionisti, ai lavoratori autonomi e a quelli agricoli con contratti “a giornata”.
Per i dipendenti non è sempre obbligatorio dare sufficiente preavviso prima di fruire del permesso, però in genere vi sono accordi tra azienda e lavoratore, in base ai quali per esigenze di organizzazione, spesso è opportuno dare comunicazione in tempo utile per effettuare le dovute modifiche ai turni o sostituzioni.
Il datore di lavoro può poi recuperare gli importi delle giornate concesse anticipate in busta paga effettuando un conguaglio con i contributi da pagare all’INPS.
Tali permessi in base alla legge 104 sono soggetti a controlli per verificare che effettivamente siano stati utilizzati per i fini previsti.
Come funzionano i controlli per chi utilizza i permessi legge 104
Visto che la fruizione delle agevolazioni della legge 104 prevede anche benefici di tipo economico, come ad esempio la giornata libera regolarmente pagata, questo è ovvio che potranno esserci controlli per evitare in qualsiasi modo l’abuso di tale diritto. Ad esempio quando il lavoratore utilizzi il permesso esclusivamente per uso personale, differente dall’assistenza o aiuto prestato al familiare che ne ha bisogno.
A tale scopo sia le aziende, i datori di lavoro ma anche lo stesso istituto di previdenza possono effettuare ispezioni e verifiche con vari mezzi. Come confermato dalle sentenze di cassazione è consentito l’utilizzo di agenzie investigative private quando sussiste il dubbio di un comportamento illecito.
Dunque è possibile che o a campione o perchè ragionevolmente spinto da sospetti, il lavoratore si trovi a dimostrare e giustificare l’effettivo utilizzo del permesso ai sensi della legge 104.
Attenzione, tutto questo non significa che durante le ore libere dal lavoro utilizzate per a cura del disabile il lavoratore debba stare esclusivamente tutto il tempo con il disabile, può ovviamente recarsi anche al supermercato o ad acquistare medicinali. Ciò non toglie che nel frattempo possa anche effettuare qualche commissione di tipo personale.
La legge stabilisce che, in ogni caso, la maggior parte del tempo deve essere utilizzata per finalità assistenziali nei confronti del soggetto per il quale viene riconosciuto il diritto alla 104.
Per le violazioni e gli abusi sono previsti vari provvedimenti, che in base alla gravità del comportamento possono comportare: dal semplice richiamo formale alla sanzione disciplinare fino ad arrivare al licenziamento per giusta causa e all’accusa di reato di truffa ai danni INPS.
Abuso di permessi legge 104: quando scatta il licenziamento
Se già le varie sentenze della corte di cassazione avevano dichiarato perfettamente legittimo il licenziamento del lavoratore che abusa dei permessi concessi dalla legge 104, ad esempio con l’ordinanza n. 2017, n. 29613, arriva ora un’altra recente conferma con la numero 17102 del 16 giugno 2021.
Nel caso specifico viene respinto il ricorso del lavoratore per il licenziamento subìto, dopo che l’azienda aveva provato tramite agenzia di investigazioni che il dipendente nella giornata di permesso non si era mai recato a casa della madre disabile ma era andato al mare con la famiglia. In tale occasione la corte di cassazione ha giudicato la condotta del soggetto grave, a tal punto da far venire meno il rapporto di fiducia che è alla base dei contratti lavorativi.
Dunque dichiarando valida e legittima la risoluzione del rapporto di lavoro senza alcun preavviso, o “licenziamento in tronco“. In aggiunta alla giusta causa per motivi disciplinari.
Questo può accadere anche a seguito di un solo episodio contestato, nel quale appunto l’azienda possa provare che il dipendente non abbia sfruttato il beneficio concesso dalla legge 104, per le finalità previste dalla giornata di assenza retribuita dal lavoro: cioè prestare assistenza o comunque occuparsi del familiare per il quale è stato richiesto tale diritto al permesso.
Ma questo non è l’unico problema legale al quale si può andare incontro abusando dei permessi lavorativi. Ci sono infatti altri provvedimenti che possono essere presi nei confronti di chi sfrutta in modo illecito le agevolazioni, soprattutto se pagate con i soldi pubblici.
Legge 104: quando si rischia anche la denuncia
Le conseguenze di una eventuale violazione della legge 104, soprattutto quando il lavoratore che usufruisce dei permessi retribuiti non riesce a provare un nesso di connessione tra le attività svolte e l’assistenza al parente con handicap possono essere diverse.
Anche se in generale è a discrezione del datore di lavoro, i provvedimenti possono essere presi anche dopo un solo episodio di comportamento giudicato illecito.
Ad esempio l’azienda può tutelarsi con una semplice lettera di richiamo nella quale informa il dipendente delle prove a suo carico, o con una sanzione disciplinare. Fino ad arrivare al licenziamento che può essere sia preavvisato che in tronco. Questo perchè come riconosciuto anche dal giudice, il comportamento del lavoratore può fare immediatamente cessare il rapporto per lesione della fiducia.
Ben più grave è la denuncia, nel caso di abuso continuativo quando ci sia anche il danno economico nei confronti sia dell’istituto, che riconosciuto al datore di lavoro per la riorganizzazione e i disagi avuti in assenza del lavoratore.
Con conseguente multa e restituzione delle somme corrisposte a titolo di indennità per i giorni di assenza. In questo caso le accuse possono essere: truffa ai danni dell’Inps, quindi con sanzione economica quantificata nelle retribuzioni spettanti percepite illegalmente durante i permessi. Ma anche “indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato” in base all’ art. 316 ter del Codice Penale.