Pietro Vaccaro non ci sente, ma le sue pizze…

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Classe 1953, nella vita si è sempre contraddistinto per caparbietà e una simpatia contagiosa. Ristoratore per passione, la sua vitalità è molto contagiosa…

Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.

Ha fatto il meccanico per molti anni ma, grazie alla passione per la cucina, nel 2004 ha aperto con sua moglie Olita un ristorante-pizzeria a San Bernardino. Non ha una pizza preferita, per lui sono tutte deliziose. Nel tempo libero gioca a calcio – un suo amore di gioventù – e organizza attività ricreative per persone sorde: tornei di calcio, carte, freccette, bowling. È sordo dalla nascita, ma per lui questo non è mai stato un limite. 

Gli indiani Sioux avevano un proverbio molto saggio: “Prima di giudicare una persona cammina tre lune nelle sue scarpe”. Sì, perché è facile giudicare, comprendere è già più difficile e bisogna mettersi al pari dell’altro/a per essere empatici. La diversità può spaventare, a volte può creare distanza, imbarazzo. Ma se si supera la paura ci si può connettere con chiunque. Anche se questo chiunque ha uno tra gli organi di senso “disattivati”. “I miei genitori erano udenti e quando sono nato erano molto preoccupati per la mia sordità. Ho frequentato per dieci anni una classe di bambini udenti ma, non trovandomi bene, ho continuato gli studi in un istituto per sordi, finendo la formazione nel 1970”. Pietro lascia la sua Calabria per trasferirsi a Torino – da solo – e continuare gli studi, ottenendo il diploma di meccanico. “Ero curioso di scoprire la Svizzera, dissi a mio padre che sarei stato un mese in Ticino in vacanza ma… eccomi ancora qui. All’inizio non fu semplice trovare lavoro a causa della mia sordità, ma non fu difficile dimostrare la mia voglia di fare e le mie competenze. Fui accolto a braccia aperte, nonostante i loro tentennamenti iniziali”. All’epoca Pietro lavorava a Biasca, cambiando qui e là sede di lavoro sino a che la ditta si trasferì negli Stati Uniti: “Mi proposero di seguirli in Texas, ma non me la sentivo di andare così lontano”.

© Ti-Press / Samuel Golay
Olita e Pietro con le figlie Melina e Melissa mentre dicono ʻBuongiorno Soleʼ, il nome del loro ristorante a San Bernardino.

Fai-da-te

Dalle macchine industriali al forno a legna della sua pizzeria il passo è stato breve. “Ho sempre sognato di lavorare in cucina. Iniziai con una breve esperienza in un tea room grazie alla quale assaporai quell’ambiente, poi, testardo come sono, mi presero come apprendista pizzaiolo in una pizzeria a Monte Carasso. Grazie all’enorme opportunità che ricevetti e all’esperienza fatta, coronai il mio sogno, aprendo con mia moglie Olita il nostro ristorante-pizzeria, il nostro Sole”. Pietro, nonostante l’età pensionabile, è gagliardo dietro il forno a legna e tra i fornelli del suo regno: la cucina. La pandemia non ha certo facilitato la loro vita – come del resto quella di tutte le persone impegnate nella ristorazione –, ma sono ottimisti e non vedono l’ora di riaprire i battenti. Pietro quando ha capito di essere sordo? Sembra una domanda apparentemente semplice ma non lo è. Pensando ai Sioux, camminiamo tre lune seguendo Pietro. “Sinceramente non posso dire precisamente quando mi sono reso della mia sordità. Io ero così e basta. Sono sempre stato un ragazzo capace di arrangiarsi da solo, i miei genitori c’erano ma non mi hanno mai sostenuto tanto. Ero, e lo sono ancora, ambizioso. Volevo conoscere, conoscermi. Nessuno mi ha mai preso per mano spiegandomi ‘la vita’. Mi sono fatto da solo! Per me non c’erano problemi, ma solo soluzioni. Giocavo a calcio e mi interessavo alla politica, tutto ciò di cui facevo esperienza mi formava, mi faceva crescere”.


© Ti-Press / Samuel Golay
Pietro con la moglie Olita.

Rimboccarsi le maniche

“I sordi possono fare tutto, tranne udire”. Ho trovato questa affermazione nel sito ascoltalamiastoria.ch, portale creato dalla Federazione svizzera dei sordi (SGB-FSS), in cui sono presentate sei personalità forti che vivono appieno la loro vita. Questa affermazione fornisce una prospettiva diversa su un handicap che spesso crediamo invalidante a tutto tondo. “Non mi sono mai sentito diverso – continua a raccontarmi Pietro, mentre Tiziana Rimoldi mi traduce quello che sta raccontando –; la mia forza non mi ha mai fatto sentire inferiore”. Qui entra nella conversazione Olita – moglie di Pietro – aggiungendo: “Tutti i suoi obiettivi li ha sempre raggiunti rimboccandosi le maniche”. I coniugi Vaccaro hanno tre figli udenti e Pietro ha altri due figli, anch’essi udenti. Olita continua a raccontarsi: “Non abbiamo mai avuto problemi di comunicazione con loro, fin da piccoli hanno imparato la lingua dei segni. Sono bilingui: ‘segnano’ e parlano. L’unico che ha provato un po’ di vergogna quando era piccolo è il nostro primogenito”. Massimo non si vergogna più,
oggi è grande e i suoi genitori sono per lui profondo motivo d’orgoglio.
La sordità è invisibile, ma non per questo va ignorata: “Il mio sogno è quello di unire il mondo dei non udenti e quello degli udenti e creare sinergia tra loro. Secondo me oggi c’è ancora troppo divario. C’è poca conoscenza, poca informazione sul mondo della sordità. Basterebbe davvero così poco per creare una società più inclusiva”.

Nda: mi sono avvicinata da poco al mondo delle persone sorde. Mi ha affascinata sin dall’inizio e mi sono sentita accolta immediatamente, nonostante io non parli la lingua dei segni e abbia la tendenza a parlare a mitragliatrice. Quante “cose belle” rischiamo di perderci quando non le conosciamo. Ringrazio Tiziana Rimoldi che ha fatto da ponte comunicativo.

 

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