Vibo, film goduto da ciechi e sordi: “Insieme per abbattere ogni barriera”

Primo evento del genere in Italia. Il film, tratto da una storia vera, era “Rosso come il cielo”

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È stata una bella mattinata quella vissuta presso l’Istituto nazionale di Criminologia di Vibo Valentia, dove si sono ritrovati studenti, giovani volontari del servizio civile, dirigenti e soci dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e dell’Ente Nazionale Sordi, esperti e persone con disabilità visiva o uditiva, per assistere allo straordinario film, tratto da una storia vera, “Rosso come il cielo”.

La storia è quella di Mirco, bimbo toscano degli anni settanta che, divenuto cieco per un incidente, è costretto a proseguire gli studi in un istituto speciale (i non vedenti non potevano allora frequentare le scuole comuni), in cui vige un sistema educativo arretrato che lo destina a lavori marginali e alla rinuncia della propria personalità. Mirco, però, lotta tenacemente contro i pregiudizi affinché i propri sogni si realizzino e vince la sua battaglia, avendo scelto di vivere e non di sopravvivere.

L’iniziativa è stata introdotta dal saluto della cantante Annalisa Minetti e da un’ottima relazione tematica della pedagogista Mirella Trimboli. Dopo il film, goduto contestualmente anche da persone non vedenti e sorde – poiché audio descritto e sottotitolato – la bella testimonianza di vita del presidente U.I.C.I. Rocco Deluca e, a seguire, quella del suo omologo E.N.S. Silvestro Grillo e gli interventi di Maurizio Bonanno (sociologo e giornalista) e del rettore dell’istituto ospitante Saverio Fortunato. Bonanno ha parlato della sua costante vicinanza nella promozione degli eventi di alto valore sociale di U.I.C.I. ed E.N.S., ricordando il primo telegiornale calabrese tradotto nella Lingua Italiana dei Segni durante la sua direzione giornalistica di Rete Kalabria, nonché la divulgazione dei riti della Settimana Santa su TeleSpazio TV (sempre con interprete L.I.S.) dello scorso anno, in pieno lockdown. “Mai smettere di combattere per la realizzazione dei propri sogni”, ha chiosato Bonanno.

È stata, quindi, la volta del rettore dell’Istituto di criminologia, Saverio Fortunato, il quale ha sottolineato come molte volte siano gli atteggiamenti mentali ed i retaggi culturali di quanti occupano, spesso, ruoli di responsabilità, a condizionare fortemente la libertà di realizzarsi secondo le proprie capacità ed aspirazioni.

Tornando al film, è difficile trovare solo una scena da ricordare con piacere, perché “di questo film si assapora tutto”: la fuga dei bambini non vedenti per andare al cinema, tutti in fila indiana guidati da Francesca, l’unica bimba che vede; la corsa a perdifiato in bicicletta, con Mirco – che la conduce pur vedendo solo le ombre che corrono a lato della strada – e Francesca che si affida a lui; il corteo dei giovani lavoratori che minacciano di chiudere l’altoforno se il piccolo Mirco sarà costretto a dover lasciare l’Istituto per Ciechi di Geneva, non volendo rinunciare al suo “sogno di normalità nella diversità”, in un luogo intriso di accettazione passiva della tradizione ed enormi stereotipi; la recita di fine anno scolastico, che da “mostruoso surrogato dell’esistere” si trasforma, per bimbi non vedenti e genitori, in “battito d’ali verso la libertà dell’essere protagonisti, vivendo tutto attraverso i sensi residui e vivendolo a pieno”. “Questo film è pura poesia – si legge in una nota – e offre una miriade di spunti di riflessione. Ci sentiamo di rivolgere un invito a guardarlo e – soprattutto – ad ascoltarlo, rimediando alla poca attenzione che spesso dedichiamo ai suoni, e in generale, alle cose e alle persone che ci stanno attorno”.

 

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