Se il dispositivo ha reso tutti più sicuri, ha escluso dal mondo le persone non udenti, impedendo ogni comunicazione

Maria Ludovica Schinko

Il Covid 19 ha reso i non udenti sordi due volte. Il virus, avendo costretto tutti a indossare la mascherina, dispositivo di protezione individuale scomodo, ma indispensabile, ha stravolto la vita delle persone sorde e le ha ancora più isolate dal resto del mondo.

La mascherina, infatti, non permette la lettura labiale e la visione delle espressioni del viso, impedendo di fatto la possibilità di comunicare tra interlocutore udente e interlocutore sordo.

Se, prima della pandemia, l’unica persona ‘mascherata’ che un sordo poteva eventualmente incontrare era il medico, adesso, per proteggere se stessi e gli altri, tutti devono indossare la mascherina in qualsiasi contesto, dal supermercato alla farmacia, all’ospedale, alla banca, agli uffici. E i sordi hanno perso completamente la loro autonomia.

Sordi due volte, appunto, come spiega la presidente regionale dell’Ente nazionale sordi, Francesca Lisjak, che chiarisce anche il motivo del mancato utilizzo del dispositivo trasparente che permetterebbe la lettura delle labbra.

“Purtroppo – spiega Lisjak -, le mascherine trasparenti non sono certificate, quindi non è stato possibile indossarle. Il rischio di ammalarsi è più grave del non leggere le labbra. Stesso discorso per le visiere, utilizzate a scuola o negli ospedali. Sempre troppo rischioso. L’Ente regionale ha ricevuto dalla Protezione civile e distribuito alla comunità dei sordi, nei distretti provinciali, mille mascherine tradizionali. E’ importante proteggere le persone non udenti, anche a discapito della comunicazione”.
Durante l’emergenza sanitaria l’Ens si è impegnato subito a sostenere la comunità dei sordi anche attraverso la messaggistica.

Poca collaborazione

“E’ stato difficile – dice Lisjak – spiegare perché, da un momento all’altro, abbiamo dovuto adottare protezioni individuali e seguire nuove regole. A livello istituzionale, non c’è stata abbastanza comunicazione tra udenti e sordi e abbiamo avuto molte difficoltà ad avere informazioni. Come Ente abbiamo dovuto tradurre i Dpcm, perché anche i sordi potessero essere informati tempestivamente sulle misure da prendere. I telegiornali, anche quelli regionali, non sono sufficientemente tradotti nella lingua dei segni, a parte alcune edizioni serali, o speciali. Non abbiamo avuto grande collaborazione neanche da parte dell’amministrazione regionale”.

Come rompere il silenzio

Anche se nella nostra regione una persona su mille è sorda, e lo stesso rapporto vale a livello nazionale, la sordità è una disabilità invisibile. Nella maggior parte dei casi, infatti, le persone ipoacusiche non hanno handicap evidenti e, finché non si cerca di comunicare con loro, non si possono comprendere le difficoltà.

“Per un sordo – spiega la presidente regionale dell’Ens, Lisjak – è fondamentale leggere il labiale delle persone che hanno di fronte, oppure la lingua dei segni. Leggere il labiale è impossibile con la mascherina, ma è difficile anche se un interlocutore udente non si mette perfettamente di fronte a una persona sorda. Peggio è se vetri divisori separano sordi e udenti, come accade ora in tutti i luoghi pubblici. Sarebbe importante che nel momento in cui saranno assunte negli ospedali nuove figure, anche Oss, formarle in modo da affrontare le problematiche delle diverse disabilità, compresa quella dei sordi. La Regione Fvg ha avviato progetti, per favorire l’inclusione delle persone non udenti, con la formazione di personale che sappia utilizzare la lingua dei segni. I progetti – conclude Lisjak – sono avviati, ma servirebbero molti soldi”.

Meno soli grazie a Whatsapp

Durante l’emergenza sanitaria gli anziani sono rimasti isolati, perché sono persone fragili e si cerca, per quanto possibile, di tenerle lontane dal virus. Unico modo di comunicare con il mondo esterno è il telefono, videochiamate, e collegamenti con Zoom e Skype, per esempio. Sempre che un ultrasettantenne sia un amante e conoscitore delle nuove tecnologie, possieda smartphone o pc. E non sia sordo. Le persone anziane non udenti si sono trovate in un isolamento ancora più grande, non essendo magari nemmeno in grado di usare il telefonino per inviare messaggi o Whatsapp.
“In questo momento, però – spiega ancora Francesca Lisjak -, la comunicazione è avvenuta moltissimo attraverso le applicazioni di messaggistica. Per aiutare le persone più in difficoltà, l’Ens ha cercato di essere loro vicino, supportandole anche nell’utilizzo dei telefoni cellulari, tenendo loro compagnia e facendole entrare in contatto coi loro cari”.

Scuola sempre più a distanza

La scuola non ha ancora abbattuto tutte le barriere che la separano dagli studenti sordi.
“Deve essere – commenta Francesca Lisjak – ulteriormente sensibilizzata. Anche un genitore sordo di un figlio udente può non essere in grado di comunicare con un insegnante, per esempio. Inoltre, c’è ancora una grande differenza culturale e sociale tra comunità sorda e udente. C’è sofferenza e ci vogliono strategie.

Una sarebbe affiancare a un insegnante udente una persona segnante o una che legge il labiale, per aiutare nei colloqui i genitori sordi. La cosa più utile, invece, per i ragazzi sarebbe affiancare all’insegnante di sostegno un educatore sordo, per sviluppare progetti educativi. Sarebbe ottimale”.
La didattica a distanza è stata una batosta. “Per gli studenti di ogni età – conclude Lisjak – i problemi sono stati enormi. Non è sempre disponibile un servizio d’interpretariato ed è difficile per uno studente sordo leggere le labbra di un insegnante non posizionato esattamente di fronte a lui, o vedere attraverso lo schermo del pc. Una volta rientrati in aula, poi, l’utilizzo della mascherina ha reso impossibile ogni comunicazione”.

 

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