Maurizio De Giovanni ha fama di essere autore prolifico e fortunato, e direi a ragione e con diritto, dato che alla base della frequenza con cui rinveniamo in libreria i suoi titoli c’è una verità innegabile: la lettura delle storie dell’autore napoletano rappresentano sempre e comunque una esperienza gradevole, per ogni lettore vecchio e nuovo, ogni volta rinnovata.

De Giovanni non delude mai, non si limita meramente a fidelizzare l’ormai cospicuo capitale di stima e di fiducia accordatogli pressoché a scatola chiusa dai lettori abituali, meno che mai si presta a manovre editoriali mirate al solo profitto delle vendite riscontrate dai suoi titoli, prima ancora che giungano nelle librerie.
Sarebbe un suicidio artistico: l’ideatore dei notissimi commissari Ricciardi, i Bastardi di Pizzofalcone, Mina Settembre e di altri personaggi ancora, ha sì un proprio stile narrativo che lo identifica, oserei dire un fortunato format che si ripete, e però non vive di sola rendita.
Per quanto il suo sia uno stile e un modo di scrivere noto, una firma inconfondibile, è però inimitabile, originale e innovativo ogni volta, e la sua valenza sta appunto in questo, ogni suo racconto è una storia dal decorso conosciuto ma con deviazioni, viottoli e sbocchi ogni volta singolari, perciò imprevedibili ad un tempo.
Maurizio De Giovanni è come la linfa vitale di un albero, in ogni storia che ci racconta la sua sensibilità artistica ne costituisce il liquido tessutale, sempre il solito nei suoi costituenti, e però poi si divide nei rami più grandi, poi in quelli decrescenti, si concretizza infine dando luogo a foglie, poi fiori, infine frutti simili tra loro ma mai completamente uguali, ciascuno a sé stante.
Lo scrittore nato in città di mare, e del mare appassionato, con le sue storie ti invita a navigare in acque conosciute, su rotte collaudate, e nondimeno le onde che cullano l’imbarcazione non sono mai le stesse, né possono esserle, non lo è il loro sciabordio sullo scafo, meno che mai lo sono gli approdi.
Questo effetto l’autore lo ottiene utilizzando punti fermi nella sua narrazione ma ogni volta, con sapienza, professionalità soprattutto con passione, rinnova le sue storie ed i temi trattati.
Perché De Giovanni parla di sentimenti, come gli affetti, gli amori, le passioni, e questi rimangono tali nel loro format ma necessariamente non possono mai essere gli stessi, ne esistono tanti quanti ne sono coloro che li vivono.
I sentimenti sono come i fiori, ciascuno si differenzia dall’altro per colore, odore, taglio dei petali, non solo, ma si differenzia anche per come viene percepito, e i fiori, come i sentimenti, possono essere assemblati in maniera tale da costituire un discorso, un dettato, una dichiarazione.
L’espressione di consuetudine “ditelo con i fiori” non è un modo tanto per dire, ha le sue ragioni.
I fiori come i sentimenti hanno radici più o meno profonde, hanno significati diversi e complessi specie quanto tra loro variamente intrecciati e composti.
De Giovanni quindi, qui e altrove, ci racconta di fiori, e lo fa in maniera esaustiva, andando oltre le apparenze, ci descrive i fiori visti dalla parte delle radici, e quanto si rivela, da tale visione a tutto tondo, è sorpresa, è epilogo, è commozione, è racconto piacevole come da aspettativa ma mai uguale ai precedenti. Di usuale sono solo i suoi testi, sempre ben scritti, curati, deliziosi, coinvolgenti.
Lo scrittore napoletano in definitiva si serve di un format che comprende delitti, poliziotti, assistenti sociali per raccontare principalmente di emozioni, tra le più svariate, comprendono infatti commozione, meraviglia, stupore, sorpresa, e poi ancora dubbi, sospetti, malignità, ed ogni volta sa riportarli bene, è un delinearli, tratteggiarli, raffigurarli con tratti leggeri o decisi, con tinte tenui o marcate, sfumature diversamente tracciate, ma sempre incisive, che rilevano nel lettore.
L’autore di “Fiori” incentra la sua storia sulle vicende a tinte gialle, l’efferato e brutale assassinio di un comune, a prima vista banale ed insignificante, venditore di boccioli, di corolle, di composizioni floreali, Savio Niola, un fioraio ormai tanto avanti negli anni, solo e da tutti benvoluto, un’istituzione nel quartiere in cui viveva.
Una persona brava, buona, generosa, altruista, un signore, un gentiluomo dei vecchi tempi, senza un nemico al mondo, che dei fiori sapeva tutto, tanto da essere considerato una vera “biblioteca vegetale”, colpito a morte tra le sue “creature”, la viola, la rosa, il tulipano, l’aconito, la potentilla…fiori tanti e diversi quanti se ne ritrovano in un chiosco di fioraio, uno dei quei chioschi antichi e un po’ liberty, di vetrate e ferro battute , un reperto storico più che un negozio, carico di suggestioni dei tempi andati, un tripudio di fiori ognuno a se stante, con i propri colori, e per chi ne sa, con il loro significato.
Un fatto delittuoso che vede vittima innocente un uomo che è, oltretutto, un indigeno per nascita e vissuto della città natale dello scrittore.
Volete che De Giovanni, osservatore acuto, uomo sensibile e strettamente partecipe della sua città, Napoli, di cui è innamorato perso, e dei suoi abitanti, di cui conosce storie, tradizioni, umori e modi di essere e di concepire l’esistenza, non ne tragga spunto per una due, dieci, tante storie?
Quale il sentimento predominante, in tale città e in tanta umanità, la stessa in cui l’essenza dell’esistenza è racchiusa nell’enunciato: “ una voce, una chitarra, il chiaro di luna” ?
L’amore, naturalmente. Che altro? Amore…e quindi fiori.
“…Si potrebbe dire che i fiori si regalano sempre per amore.”
L’amore per esempio: quello tra un vecchio, bravo e capace poliziotto ed il suo figlioccio, pure lui poliziotto ma impacciato e macchiettistico.
L’amore tra un padre impegnato come magistrato in prima linea contro la più crudele criminalità organizzata e la sua bambina prodigio, una ragazzina incantevole e misconosciuta nella paternità. L’amore tra un agente di polizia ed una dirigente della polizia scientifica.
L’amore di coppia, l’amore tra amici, tra colleghi, tra parenti, l’amore vecchio e nuovo, antico e mai sopito, vigoroso e mai spentosi, come deve essere il vero amore.
Quante specie di amori esistono? Tanti quanti ne sono i fiori esistenti.
“…Che in effetti è amore anche la stima, è amore quello di una madre o quello per un padre, è amore partecipare ad una festa. Certo, non vuoi male a chi decidi di regalare un fiore. Ma l’amore, l’amore vero, quello è un’altra cosa…”
Per questo Maurizio De Giovanni è uno scrittore prolifico, è la metropoli stessa che ha un’infinità di storie da sussurrare all’ascoltatore attento e incantato, per questo è uno scrittore che ogni volta si rinnova, ogni racconto ha una provenienza diversa e differenti conseguenze, è merito della sua umanità se sono storie fortunate che vendono, lo scrittore s’immedesima completamente, partecipa di cuore e con il cuore alle sorti dei suoi personaggi. Ne scrive, li riporta bene, fatti e persone.
Che altro chiedergli?
I lettori lo sanno, lo sentono, lo seguono, lo amano. Ritornano a sentirlo.
Maurizio de Giovanni è un cantastorie, un formidabile affabulatore che incanta innanzitutto sé stesso nel raccontare, e poi trasfonde questa sua passione sulla carta.
Le storie di De Giovanni come questa, in cui agiscono in prima persona tutte le forze in organico di un commissariato di polizia in un quartiere nel centro della città, riportando quindi più racconti nella stessa storia, non sono romanzi gialli, o almeno non sono solo racconti neri.
Il sangue scorre, certo, anche in maniera raccapricciante, come sempre quando il sangue è conseguenza di violenze, in aggiunta però si riscontrano anche le vampe altrettanto violente e brucianti di amori, di passioni, di sentimenti, di emozioni.
Un falò, o nei casi più estesi, un incendio, infine è pur sempre un fuoco, di diverso ha solo l’estensione e la virulenza, e questo dipende da cosa brucia, quanto è limitato e contenuto, oppure se si effonde velocemente, in definitiva se riscalda dal freddo o distrugge con furia.
Una fiamma che arde ha sempre gli stessi connotati e l’identico vigore, ma le lingue si ergono diversamente, nessun fuoco è uguale ad un altro, una rosa non è un tulipano, anche se ambedue sono fiori. Una rosa è particolare, perché:
“…per dire amore devi prendere una rosa. Rossa”
Più che uno scrittore, Maurizio de Giovanni almeno qui è, anche lui, un fioraio.

 

 

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