(Forse) aumentano le pensioni per gli invalidi. Ma quanto costa vivere da persona disabile?

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Ci voleva una sentenza della Corte Costituzionale per dichiarare, dopo decenni di prestazioni immutate, quei 286 euro al mese “insufficienti a sopravvivere”?

In questi giorni non si fa che parlare dell’aumento delle pensioni per gli invalidi civili totali, contenuto nel Decreto Agosto e spinto dalla Corte Costituzionale, che si è espressa in una sentenza sui 286 euro al mese dichiarandoli insufficienti per sopravvivere. Al di là dell’euforia diffusa però regna la confusione. I chiarimenti INPS nel loro bizantinismo aiutano poco, salvo far capire che arriverà una doccia fredda per molti esclusi. Io dal basso della mia ignoranza tecnica posso provare a raccontare quanto costi vivere da disabile.

SPESE PER LA MOBILITÀ
La prima avvisaglia dei miei futuri costi venne con la richiesta di un montascale, quando arrancavo su per i tre piani di scale  nella vecchia casa. Nell’impossibilità di avere un rimborso ex legge 13, ci informammo per l’acquisto condominiale: un montascale sarebbe costato oltre 4mila euro a piano. Improponibile. La casa era ormai inaccessibile. La seconda avvisaglia, o meglio conferma, furono i 3mila euro per gli adattamenti dell’auto con annesse pratiche di patente: soldi per cui non è previsto in Italia alcun rimborso. Soldi necessari, e non certo rinviabili.

PRESTAZIONI E ASSEGNI
Ma veniamo alle prestazioni. Dopo le dimissioni dal lavoro chiesi l’inabilità ex l.222/84, che aumentava la mia invalidità ordinaria ferma a 96 euro, ma che restava, e resta, misera (colpa di un montante contributivo da precaria); in compenso da allora, in quanto inabile, non posso più percepire un euro di reddito. La mia liquidazione, non certo ‘da Marchionne’, versata in pochi mesi e non dilazionata, mi fece sforare il tetto reddituale annuale per i 286 euro: dura lex sed lex, INPS mi recuperò sui 3700, di fatto una bella sforbiciata alla buonuscita.
Una disabilità progressiva crea una voragine di spese impreviste e inevitabili, fra barriere domestiche e ausili. Con una casa inaccessibile siamo stati costretti ad andare in affitto e la mia indennità d’accompagnamento se ne va tutta nel canone.

SPESE PER GLI AUSILI
Gli ausili: la carrozzina fornita da ASL era diventata troppo pesante per la me. Per conservare un minimo di autonomia ne acquistai una in fibra di carbonio, 3750 euro non rimborsabili, avendomi già lo stato fornito modello di categoria analoga. Ma l’autonomia è tutto. E quando l’autospinta è diventata impossibile pure con la nuova, ho deciso per un propulsore elettricoGrandissimo strumento di libertà, 2900 euro allora non rimborsabili (parliamo del vecchio Nomenclatorema mai soldi furono meglio spesi.

IN BAGNO
Ancora sulle barriere, stavolta è il turno del bagno. Tra wc accessibile, doccia a filo (lavori di ristrutturazione vera), maniglioni vari, spendo sui 3500 euro (spese pure queste, precisazione superflua penso, non certo opzionali). Oggi ho bisogno degli avvolgibili elettrici alle finestre. Ho aspettato l’impossibile, ora ogni alzata è un rischio, e finalmente ci siamo decisi (ribadisco, inutile sperare nei fondi locali ex legge 13/89, prosciugati da anni).

ASSISTENZA, VISITE, FARMACI, FISIOTERAPIA
Capitolo assistenza. Oltre alle ore che mi eroga ASL, poche per la mia disabilità ormai, ho la fortuna di godere di un bando INPS per congiunti di pensionati pubblici (…e gli altri?). In tutto ci ricavo 12 ore settimanali di assistente. Ma va da sé che, con un marito caregiver spesso fuori, le ore spesso non bastano, e si ricorre a corposi extra.
La riabilitazione, altro capitolo doloroso visto che le liste d’attesa sono bibliche (e i 20 day hospital annuali non bastano certo a rallentare la progressione di disabilità). I miei risparmi vanno su una “tassa fissa”, una fisioterapia a settimana almeno. La schiena comincia a star male sulla carrozzina privata (giuro, non era prevedibile neanche questa): sistemati gli avvolgibili la prossima spesa dovrebbe essere uno schienale posturale (sulla privata non credo sia rimborsabile). Sono mesi che l’ho pianificato, mi sa che visti i tempi aspetterò ancora. Ci sono poi le spese di farmaci e visite diverse, come tutti. Come tutti, ci sono le spese quotidiane di casa. E c’è infine, residuale, la spesa per un minimo di tempo libero.

Ci voleva una sentenza della Corte per dichiarare, dopo decenni di prestazioni immutate, quei 286 euro al mese “insufficienti a sopravvivere”? Al di là degli squilli di tromba di gran parte della stampa generalista (e ignorante), c’è ancora qualcuno, là fuori, che riesca a definirci “privilegiati”?

Laura Santi

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