Il profeta Elia della città di Tishbà e perciò detto anche il Tishbita, è una delle figure più rilevanti dell’ Antico Testamento; le sue gesta sono narrate nei due ” libri dei Re” della Bibbia.
Elia è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che lo ricorda il 20 luglio ed è patrono di molte località italiane. Pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti (1 Re 19,10), rivendicò i diritti dell’unico Dio contro l’infedeltà del popolo, da prefigurare non solo Giovanni Battista, ma il Cristo stesso; non lasciò profezie scritte, ma la sua memoria viene fedelmente conservata, in particolare sul monte Carmelo.
Considerato il maggiore taumaturgo fra i profeti biblici, secondo il racconto Biblico, Elia fece diversi miracoli, narrati nel 1 Re capitolo 17 dal versetto 4 al versetto 16 (moltiplicazione della farina e dell’olio), e dal versetto 17 al 24 (la Resurrezione del figlio della vedova).
Nacque verso la fine del X sec. a.C. sotto il regno di Acab (873-854), che aveva imposto il culto del dio Baal. Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, ritornò dal re e per dimostrare l’inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmelo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l’acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo linciò i sacerdoti idolatri.
Testimone della misteriosa fine di Elia, avvenuta verso 1’850 a.C., su un carro di fuoco, fu il profeta Eliseo.
Elia diceva che “non sono i profeti di Baal inesperti nella preghiera, piuttosto è il dio Baal che è un dio “muto” e “sordo” (1Re 18,26.29), un dio indifferente alla vita degli uomini.
P. Vincenzo Di Blasio