I titoli di coda più belli della vita in comune – recensione del romanzo “I valori che contano (Avrei preferito non scoprirli) “di Diego De Silva

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Il protagonista di questo romanzo, l’ultimo appena edito di una serie che lo vede da tempo alla ribalta, l’avvocato Vincenzo Malinconico, è forse il personaggio meglio riuscito, e quello più noto, dello scrittore napoletano Diego De Silva.

di Bruno Izzo

Direi di più: tra tutti, questo è il racconto più bello, più umano, più appassionante della serie, certamente quello più romantico e delicato, non dico malinconico, che la battuta neanche è in linea con il personaggio.
L’avvocato non è, e non è mai stato, una persona mesta, triste o grigia, tutt’altro, è sempre stato invece ironico, dissacrante e divertente nel suo vivere e divenire, e in questo libro come non mai, è un vero “eroe” del normale quotidiano.
Eroe, a modo suo, perché ha inteso come il disincanto, il sarcasmo, il surreale e una buona dose di umorismo involontario, siano le uniche armi efficaci per affrontare con sufficiente serenità l’esistenza, spesso assurda e illogica, com’è effettivamente spesso irrazionale la vita di chiunque.
Malinconico è un vero mito quindi, per i suoi lettori ed estimatori, malgrado lui stesso tenda a sminuirsi ed a sottovalutarsi.
Un racconto letteralmente basato sui valori che contano, come da titolo, e poiché sono valori universalmente riconosciuti come eccelsi e supremi, Malinconico stesso, uomo satirico e beffardo, disilluso ma non afflitto, con i piedi ben piantati sul terreno, tende in modo sarcastico a ironizzare che siano valori effettivamente connaturati alla sua natura, è scettico che siano davvero nelle sue corde, per quanto si ritenga, in fondo, una persona onesta e leale, almeno con se stesso.
Tali valori sono quelli noti dell’amore, in primis, nonostante il suo rapporto caldo, conflittuale e controverso sia con l’attuale compagna Veronica, sia con le sue ex Nives e Alessandra Persiano, quindi la famiglia, i figli, Alfredo e Alagia e il pet d’ordinanza, il gatto Alfonso detto Alfonso Gatto, un felino evidentemente con movenze poetiche, la salute, gli amici e colleghi, tra tutti l’avvocato Beniamino “Benny” Lacalamita, e naturalmente i clienti: tutti insieme delizie e, talora, croce del nostro Avvocato Malinconico, da cui il sottotitolo in cui dichiara che, certe cose, talora, uno preferirebbe non scoprirle.
Un gran bel libro, mi è piaciuto molto, l’ho apprezzato come il migliore dello scrittore napoletano.
Intendiamoci, Diego de Silva è un signor scrittore e non da ieri, ha dato ampiamente prova di sé, della sua bravura, della sua abilità narrativa nel descrivere, intensamente e con ritmo ammaliante, i fatti della vita, per quanto insoliti e destabilizzanti, già dai suoi lontani, e subito fortunati esordi con “Certi bambini” e Voglio guardare”.
La serie di romanzi con Vincenzo Malinconico l’ha semplicemente consacrato autore popolare, noto al grande pubblico, in particolare perché nell’avvocato sui generis, e quanto mai reale, De Silva ha avuto modo di mostrare al meglio la sua vena sorniona e sarcastica, volutamente comica, ma quanto mai logica, e con un retrogusto filosofico che rende ragione oserei dire della palese napoletanità del nostro autore.
Davvero un bel libro, direi ottimo come qualità della storia, piacevolezza di lettura, significato recondito struggente e coinvolgente.
Con un linguaggio ironico, sarcastico, pungente, volutamente dissacrante, Diego De Silva ci offre lo spettacolo di “uno qualunque” che tanto qualunque non è, è un campione, un araldo, un emblema della quotidianità dell’esistenza e di come va ad affrontata: esattamente come fa Malinconico.
Con disincanto, certo, con un certo distacco, e però senza mai rinunciare, senza poter fare a meno nel modo più assoluto del calore umano, della condivisione dei sentimenti, della comunanza elettiva con i suoi simili, malgrado le loro colossali pecche: Vincenzo Malinconico è un uomo arguto e sornione, ma è intelligente, e come tale non rinuncia alle prerogative, e agli obblighi, non solo giuridici, del suo essere sociale.
Perciò quando un bel giorno si presenta all’improvviso alla porta di casa sua una ragazza seminuda, in fuga da una retata in una casa di appuntamenti di cui il nostro nemmeno sospetta l’esistenza nel condominio dove risiede, non esita a darle ospitalità, arrivando a coprirla e rendersi complice di reato nel mentire alle forze dell’ordine sguinzagliate alla sua ricerca.
Non lo fa per rivoluzionario spirito contraddittorio, nemmeno per simpatia nei confronti della ragazza, nemmeno tanto simpatica e riconoscente, tra l’altro, segue l’istinto, vale a dire il cuore, anziché la ragione, semplicemente perché è nella sua indole cortese, gentile, partecipe alle asperità dell’esistenza altrui.
Vincenzo Malinconico reagisce ai contrattempi e agli imprevisti con uno sberleffo, con una battuta, con sarcasmo, e mostra con spirito la sua filosofia di vivere, che contempla l’umana vicinanza con i suoi simili.
Naturalmente, il fato benigno lo ripaga come merita, complicandogli l’esistenza, specie se, per esempio, la ragazza in questione è la figlia del sindaco in carica.
Nulla di cui meravigliarsi, è la norma per Malinconico: ” …Le cose che succedono nelle nostre immediate vicinanze ci lasciano sempre increduli, specie quando nella vita ci succede poco.”.
A Malinconico succede invece parecchio, anche quando per esempio è impegnato nel suo normale lavoro di avvocato a difendere una signora, in una causa di separazione, e la stessa se ne esce rimarcando i suoi modi di dire: “…noi avvocati scriviamo i titoli di coda della vita in comune”, una frase che diventerà da quel momento in poi il tormentone del povero Malinconico tutte le volte che tratterrà di divorzi e separazioni nell’esercizio della professione.
Non demorde, però, il nostro avvocato: rivendica sempre il diritto di dire quello che non voleva. Vincenzo Malinconico è un avvocato…” più che di grido, direi di gemito”.
Questa frase gli calza a pennello.
Non è un matrimonialista, o un penalista, nemmeno ha uno studio suo o è associato ufficialmente allo studio Lacalamita. Sa fare tutto, come i mediocri. I bravi si specializzano.
Perciò è un precario, un provvisorio, un effimero, un incerto della vita.
Un intellettuale prestato all’avvocatura, e come tale portato alla riflessione più che al conflitto.
Come tutti noi, possiede poche e dubbiose certezze, e qualche sicura paura, senza tentennamenti.
La stessa paura che assale tutti noi quando, per esempio, ci ammaliamo.
Si ammala, Vincenzo Malinconico. Si spaventa, sebbene il medico lo esorti ad affrontare il problema come una cosa tra le altre: sa che, il limite di questa esortazione, è che nessuno ti spiega come si fa. Attende perciò come tutti noi, tremebondo, il risultato delle analisi cui si sottopone.
I risultati arrivano: “Avrebbe dovuto dirmelo, il dottore. Quando ti darò la notizia, non guardare il tramonto. Sentirai la mancanza di tutto.”.
Sono questi i momenti in cui ti sorreggono…i valori che contano.
Vincenzo Malinconico apprende che non è vero che l’esistenza deve necessariamente avere una veste…Addolorata. Afflitta. Affranta. Contrita. Angustiata.
Tutti sinonimi del suo rifiuto ostinato nel ricordare il nome della sua segreteria: non è un caso.
Lo sconforto, la sfiducia, la tristezza, seppure velati dal sarcasmo e dall’ironia, non hanno proprio motivo di essere se la tua donna, i tuoi figli, le tue tuoi ex, gli amici, i colleghi, i medici, i compagni di stanza, ti si stringono intorno, ti abbracciano, nel nome dei valori che contano.
“…vivere ogni giorno che ti viene regalato con intensità e riconoscenza, circondato dalle persone che ami e dagli amici (pochi e veri) che ti ritrovi accanto, fregandotene delle piccole, miserabili preoccupazioni con cui ti sei inutilmente intossicato l’esistenza…La vita…bisogna tenersela stretta.”
Tutto questo che dice l’avvocato Vincenzo Malinconico, è l’essenza stessa del romanzo, un romanzo che è bello, è bello scoprire, è bello scoprirlo.
Commuove, incanta, delizia.
Sarà sentimentale, smielata e struggente, ma è bellissima quest’idea:
“Mi piace l’idea che siamo in tanti nello stesso recinto, e che possiamo farcela.”.
Come personalmente direi che è bellissimo questo romanzo di Diego de Silva.

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