Apolidia, il Tribunale la riconosce e una ragazza ora può curarsi

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Recentemente è arrivata un’interessante sentenza del Tribunale di Roma con cui si riconosce lo status di apolide a una ragazza nata in Italia da genitori di origine bosniaca. Il Tribunale ritiene dirimente il fatto che la ricorrente – difesa dall’avvocato Salvatore Fachile – sia nata dopo il 6 aprile 1992 e prima dell’entrata in vigore della Costituzione bosniaca del 1995, escludendo inoltre la possibilità che la ricorrente possa avere acquisito la cittadinanza bosniaca ius sanguinis o per altra causa.

La ragazza ( 27 anni) fin dalla nascita è affetta da una patologia neurosensoriale che l’ha resa sordomuta ma, essendo in una posizione irregolare sul territorio italiano, non poteva accedere alle cure mediche, nonostante avesse frequentato regolarmente in Italia la scuola media ed elementare e poi l’istituto speciale per sordomuti. Entrambi i genitori, nati nell’ex Jugoslavia ma da anni in Italia, sono apolidi. La ragazza, oramai ventisettenne, non ha più i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana, ma nemmeno quelli per la cittadinanza della Bosnia Erzegovina. Il Tribunale ha quindi accolto i presupposti per il riconoscimento dello status di apolide ai sensi della convenzione di New York del 1954, in quanto non è cittadina italiana e non risulta in possesso dei requisiti per acquistare la cittadinanza bosniaca materna.

Una sentenza importante che mette in luce la questione annosa degli apolidi in Italia. Sono “i senza patria”, ovvero cittadini di alcuno Stato, bloccati in un limbo burocratico da cui spesso è impossibile uscire. Gran parte degli apolidi residenti in Italia è di etnia Rom, proveniente dai paesi dell’ex Jugoslavia. Spesso vivono in Italia da due o tre generazioni, ma in quanto figli di apolidi senza documenti non riescono a vedersi riconosciuto uno status legale. Gli altri sono originari perlopiù dei paesi dell’ex Unione Sovietica, a cui dopo più di 20 anni ancora non è stata garantita una cittadinanza, della Palestina e del Tibet. Si può essere senza cittadinanza per diversi motivi: alcuni sono figli di apolidi, o non possono ereditare la cittadinanza dei genitori; ad altri è negata la cittadinanza per motivi discriminatori; altri ancora sono fuggiti da guerre e occupazioni, o sono nati in paesi che oggi non esistono più, come la Jugoslavia o l’Unione Sovietica.

L’Italia è uno dei quattordici paesi ad avere una disciplina che regola l’acquisizione dello status di apolide, che può avvenire per via amministrativa o per via giudiziaria. Per richiedere il riconoscimento per via amministrativa, bisogna presentare una domanda corredata dall’atto di nascita e da un documento che provi la residenza della persona in Italia.

Il procedimento sembra relativamente semplice, ma proprio la particolare situazione legale delle persone senza cittadinanza rende il tutto difficoltoso. Solo alcuni di coloro che fanno richiesta sono in possesso dell’atto di nascita o di un permesso di soggiorno. Per chi non è in possesso dei documenti necessari, rimane aperta la strada del riconoscimento per via giudiziaria. In questo caso, il soggetto privo di cittadinanza deve trovare un avvocato e chiedere il riconoscimento a un giudice del tribunale di competenza. Nonostante questa procedura consenta anche a chi non ha i documenti necessari di richiedere lo status di apolide, permangono comunque delle serie difficoltà. Secondo i dati ufficiali, attualmente in Italia la popolazione apolide conta 822 persone formalmente riconosciute, ma si stima che vi siano dalle 3.000 alle 15.000 persone apolidi o a rischio di apolidia che al momento vivono nel Paese.

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