Sei disabile? Per te niente palestra, altro che sport accessibile

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Sei disabile e vuoi iscriverti in palestra?

Preparati a una lunga odissea tra barriere architettoniche e impreparazione culturale. Non è facile trovare un centro fitness adatto alle persone con disabilità. Abbiamo fatto un test telefonando ad alcuni dei principali gruppi di palestre italiane e chiedendo informazioni per l’iscrizione in palestra di una persona in carrozzina. Quasi sempre il tono della telefonata ha assunto torni paternalistici, con operatori che hanno espresso solidarietà nei confronti dell’utente disabile, senza però fornire soluzioni adeguate.

Quanto segue è il racconto delle telefonate che abbiamo fatto, senza la pretesa di offrire un campione statisticamente significativo. Si comincia da Fit Express, uno dei principali gruppi. Telefoniamo al numero del centralino riportato sul sito. L’operatrice cade dalle nuvole: «Purtroppo non abbiamo niente di organizzato per una persona disabile, può comunque svolgere attività sportiva per conto proprio, fin dove è possibile». Ma le possibilità di movimento autonomo, per chi è seduto sopra una carrozzina, sono poche. Ecco perché sarebbe necessario un personal trainer specifico: «Di solito non lo abbiamo – dicono – ma provi a verificare telefonando alle singole palestre».

E così verifichiamo, proviamo con Milano. Risposta dell’operatore: «Nelle nostre palestre ci sono soltanto attrezzi, per cui non è possibile fare attività sportiva per un disabile». In realtà chi è seduto in carrozzina può fare alcuni esercizi di pesistica per braccia. Proviamo allora con il gruppo Virgin. Siamo fiduciosi visto che Virgin Active ha lanciato il primo progetto di attività fisica adattata per le persone con sclerosi multipla in 25 centri fitness d’Italia. Eppure gli operatori sembrano disorientati. Alla palestra di Milano Cavour rispondono così: «Aspetti che chiedo al collega». Dopo qualche minuto l’operatrice torna alla cornetta: «Purtroppo no, non ci sono offerte per disabili».

Passiamo al gruppo Fit Active, sempre Milano: «Abbiamo diversi personal trainer, ma specializzati sulla disabilità no, aspetti che le passo un tecnico…». Risponde il tecnico e dice: «Siamo accessibili perché abbiamo l’ascensore, questa è però una palestra normale…». Incertezza anche alle palestre Mc Fit, numero di Milano. L’operatrice sembra presa in contropiede. «Attenda due minuti che chiedo». Attendiamo. Poi torna: «Abbiamo l’accesso per i disabili, quanto ai programmi specifici con personal trainer, credo che sia possibile… la invitiamo a venirci a trovare in palestra per valutare con i nostri personal trainer».

Il nostro tour telefonico prosegue verso Verona, dove contattiamo il gruppo di palestre Hello Fit. La risposta, in questo caso, sembra più positiva: «Programmi per disabili? Certamente, abbiamo già altri disabili iscritti presso la nostra palestra, sono tutti seguiti da un fisioterapista». Più incerta la risposta nella palestra di Bergamo: «Serve la certificazione medica che attesti l’assenza di problemi di cuore». Passiamo a Anytime Fitness, numero di Roma: «Programmi specifici per disabili non proprio, però può venire a trovarci e parlare col personal trainer. Unico disguido, ci sono dei gradini senza pedana per disabili». Parlando col quartier generale dell’ufficio comunicazione ci dicono: «Tutte le palestre Anytime Fitness sono accessibili per i disabili. Non ci sono programmi specifici ma in tutte le palestre ci sono personal trainer che possono seguirli gratuitamente».

Il tour prosegue con Palestre Italiane. Chiamiamo Bologna. L’operatrice prende tempo: «Aspetti che chiedo…». L’attesa dura quasi dieci minuti, poi torna l’operatrice e dice: «Serve il certificato». Ma ci sono programmi per disabili? «Abbiamo personal trainer, ma sono a pagamento, comunque passi a trovarci». Poi il gruppo Get Fit, Milano: «È dura per un ragazzo in carrozzina». Poi la consueta attesa. Torna l’operatore: «Giriamo il tuo contatto alla responsabile che ti richiamerà nei prossimi giorni». Non arriverà nessuna chiamata. È il turno del gruppo Dabliu di Roma: «Dovrei avere indicazioni dal medico. La palestra è accessibile, ma ci sono scale e non c’è il montacarichi». Quindi non è accessibile.

Infine le palestre Klab di Firenze: «C’è uno scalino per entrare in sala attrezzi, il passaggio per lo spogliatoio è troppo stretto, ci sono le scale per accedere alla Spa». E quindi, ancora una volta, struttura preclusa. La nostra piccola indagine sul campo finisce qui. La panoramica sicuramente non è completa, ma conferma che il problema esiste. «Per i disabili che vanno in palestra, le vere barriere non sono soltanto quelle architettoniche, ma soprattutto quelle culturali. Prevale – sottolinea Vincenzo Falaballa, presidente Fish, la federazione italiana per il superamento dell’handicap – un concetto della disabilità molto primitivo, dove colui che è in carrozzina viene spesso visto come malato, come menomato, quando invece è soltanto una persona che non va in palestra esclusivamente per fare fisioterapia, ma anche perché, al pari di ogni altro, vuole curare e migliorare il proprio corpo».

Parole simili da Roberto Speziale, presidente di Anffas, l’associazione nazionale sulla disabilità intellettiva: «Nelle palestre italiane manca un percorso che permetta ai personal trainer di avere conoscenze e competenze specifiche per garantire l’accessibilità allo sport delle persone con disabilità intellettiva. In questo modo, a questa categoria di disabili non resta altra scelta che praticare attività sportiva in contesti separati attraverso le federazioni dedicate esclusivamente a loro».

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