È morto Bobò, il gesto e l’anima del teatro di Pippo Delbono

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Bobò nella sua ultima interpretazione ‘La gioia’ (2018)

È morto ieri sera in ospedale per le complicazioni di una broncopolmonite Bobò, l’attore più intimamente legato al teatro di Pippo Delbono, di cui da anni era l’immagine più tenera e insieme beffarda, l’anima vera. Bobò è stato il protagonista di spettacoli come Barboni, Guerra, Urlo, Dopo la battaglia, Orchidee, Vangelo… fino al recentissimo La Gioia, ma ciò che di lui andrebbe raccontato è l’emozione di generazioni di spettatori nel vederlo in scena, andrebbe detto quale segno questo anziano signore microcefalo e sordomuto, analfabeta, che ha vissuto metà della sua vita in un manicomio, abbia lasciato al teatro, andrebbe spiegato perché quel suo corpo impacciato e i suoi silenzi abbiano parlato in modo potente della ferita e della gioia che è la vita, che poi è il teatro di Pippo Delbono, il quale lo aveva incontrato durante un laboratorio in manicomio e se l’era portato con sé a recitare.

Bobò aveva 82 anni. Si chiamava Vincenzo Cannavacciuolo. Era nato a Villa di Briano in provincia di Caserta. Era nato microcefalo e sordomuto e per più di quarant’anni ha vissuto nel manicomio di Aversa. Fu lì che nel ’95 lo incontra  Pippo Delbono, attore e regista, già conosciuto in mezzo mondo, artista irregolare che scavando nel disagio esistenziale ha dato voce a emarginati, soli, pazzi. La scoperta di Bobò però è un’altra cosa.

Tra lui e Pippo nasce subito un affetto e un legame che va oltre l’incontro di due persone strambe. È una storia di amore che trova nel teatro lo spazio e il tempo per vivere, lo strumento per incrociare l’arte e la vita. Bobò diventa protagonista dei principali spettacoli di Pippo Delbono, a partire dal bellissimo  Barboni, nel ’97 seguito da Guerra l‘anno dopo  e poi Esodo (2000), Il Silenzio(2000), Gente di Plastica (2002), Urlo (2004), Questo Buio Feroce (2006), La Menzogna (2008), Dopo la battaglia (2011), Orchidee (2013), Vangelo (2015), La Gioia (2018) e nelle opere liriche Cavalleria rusticana (2012), Don Giovanni (2014), Madama Butterfly (2014), Pagliacci (2018), e presente in molti dei suoi film.

Una storia artistica lunga in cui non sono mancate le polemiche, a un certo punto: l’accusa a Delbono di esibire, con Bobò, la malattia, gesto spudorato, secondo alcuni perfino volgare, senza capire che il teatro di Delbono esibisce, sì, il disagio ma di chi guarda, specie di chi guarda Bobò, perché, quanto al teatro, nella sua innocente e inconsapevole gestualità lui incarna più di ogni altro la verità del gesto di un attore, come disse una volta Delbono che anche per questo avrebbe voluto fare un film e raccontare la vita del suo grande amico. Negli anni Bobò si è guadagnato non a caso riconoscimenti importanti, nominato cavaliere delle arti a Parigi e aveva ricevuto la cittadinanza onoraria di Aversa, proprio la città dove era stato recluso per anni in manicomio: una rinvincita e lì oggi si svolgeranno  i funerali.

L’ultima volta di Bobò in scena è stato con  La gioia, che finora ha girato poco, ma è atteso a marzo a Roma, un lavoro prodotto come sempre da Ert- Emilia Romagna Teatro, l’istituzione che più ha sostenuto il teatro di Delbono e che ora si stringe a lui alla compagnia e alla famiglia nella gratitudine e nell’affetto per “l’amico prezioso. Insieme a tutti coloro che lo hanno amato e continueranno per sempre ad amarlo, ci piace ricordarlo così: un saggio bambino ottantaduenne circondato da un tripudio di fiori, capace di vedere, dalla sua panchina/osservatorio, sulla scena della Gioia, ben al di là delle apparenze. Ciao, Bobò e grazie di tutto”, hanno scritto tecnici, maestranze, direttore del teatro.

La gioia è uno  spettacolo sincero e generoso che racconta il buio dell’anima in cui Pippo si sentiva immerso in questi ultimi mesi, ma insieme la gioia di avere accanto compagni e affetti straordinari come gli attori della sua compagnia Pepe Robledo, Gianluca Ballaré, Nelson Lariccia e Ilaria Distante, Dolly Albertin, Margherita Clemente, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Gianni Parenti e naturalmente lui, Bobò. Appariva in due momenti, ma essenziali: quando viene festeggiato il  compleanno (“che cade in ogni momento di ogni giorno della sua vita”, si dice in scena), con gli amici intorno che cantano e lui che straordinariamente muove il bastone e le gambe a ritmo, come in altri spettacoli, e non si è mai capito come facesse visto che era sordo. L’altra dove Bobò sta seduto mentre la voce di Totò recita la preghiera del clown. “C’è tanta gente che si diverte a far piangere l’umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla; manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri” dice Totò mentre Bobò guardava la platea con la sua placida serenità, dove c’era gioia, perché c’era vita. Dopo quella scena nello spettacolo, la voce di Pippo dice: “dopo Bobò c’è sempre un vuoto”. E così sarà.

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