Trasporto Disabili, Frittelli: “Lettera aperta alla sindaca Virginia Raggi”

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Il Presidente Territoriale di Roma dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti chiede sostanziali modifiche al nuovo regolamento

Nota – Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RomaToda

Gentilissima Sindaca, è alla Sua sensibilità che ci rivolgiamo, alla sensibilità della persona e del Primo Cittadino della Città eterna. In questo scenario vivono cittadini, i Suoi concittadini, ai quali Ella, come Sindaco, sta dedicando tutte le Sue energie, al fine di consentire loro una vita dignitosa. In questa ottica, anche a norma della nostra Carta Costituzionale, tutti debbono avere stessi doveri e diritti e stesse opportunità. Purtroppo non è così.

Ci riferiamo ai cittadini disabili, che, per effetto della inadeguatezza della rete di trasporto urbano non possono esercitare l’incomprimibile diritto alla mobilità di cui ogni persona non può e non deve esser privata. Si tratta di persone che ogni giorno, da quando si svegliano al mattino, fino a quando, la sera, si abbandonano al sonno ristoratore, devono fare i conti con la dura realtà del proprio handicap, una realtà che costringe, istante dopo istante, a lottare per superare ostacoli, far fronte a situazioni che, banali per altri, sono per loro alte montagne da scalare.

Provi ad immaginare per un attimo, le difficoltà che incontra e deve superare quotidianamente, ad esempio, una persona su sedia a ruote, o un cieco che, oltre a dover mettere in atto mille “accorgimenti”, diecimila “abilità” per cercare di condurre una “normale” vita domestica, lavorativa, sociale, si avventuri nel dedalo della nostra città, superando ostacoli di ogni genere – veicoli ed impedimenti di ogni tipo sui marciapiedi, sconnessioni varie del terreno, mezzi pubblici non adeguati per la sua autonomia… ecc.. Per non parlare di quei ciechi e ipovedenti che non osano affrontare la città in autonomia temendo fortemente per la propria incolumità. Gentilissima Sindaca! Non occorre certo che stiamo qui a dettagliarLe quale sia la situazione dei mezzi pubblici, relativamente alla possibilità di fruirne in autonomia da parte delle persone disabili! Sarebbe un insulto alla Sua intelligenza.

Ora, a fronte di ciò, il Comune di Roma ha attivato nel lontano 1984, un servizio di “trasporto disabili” che, dedicato a coloro che impossibilitati alla guida, e non potendo fruire autonomamente del servizio di trasporto pubblico, consenta loro un qualche grado di autonomia almeno per raggiungere il posto di lavoro o la scuola, per sottoporsi a terapie o per poter avere un minimo di vita sociale.

Tuttavia tale servizio risulta sottodimensionato rispetto alle esigenze ed al numero delle persone con disabilità residenti. Si renderebbe dunque necessario un ampliamento dello stesso, per consentire a tutti di fruirne e, trattandosi, come detto, di diritti incomprimibili, l’accesso non dovrebbe esser bloccato da tanti lacci e lacciuoli, ma determinato unicamente dall’accertamento dello stato fisico di impedita o ridotta mobilità. Condizione necessaria perché ciò avvenga è che siano reperiti i fondi per finanziare un tale servizio, cosa che un buon amministratore può e deve esser in grado di fare.

La Sua Amministrazione sta attualmente redigendo un nuovo regolamento del servizio di trasporto dei disabili, che ci preoccupa e ci lascia fortemente perplessi in tanti suoi aspetti. – Non è previsto un piano economico per finanziare seriamente il servizio: i cinque milioni annui stanziati per il prossimo triennio sono nettamente insufficienti a far fronte alle esigenze di mobilità di tutti i potenziali fruitori, lasciandone fuori una grande parte. – L’innalzamento dei limiti di budget individuali di cui fruire non va certo nella direzione di estendere il servizio a tutti o, almeno, ad un numero maggiore di utenti.

Non che un aumento del budget individuale sia cosa negativa in sé, ma restringe di fatto la platea dei potenziali fruitori, contraddicendo l’enunciato principio di aumentarne il numero, diminuendo così quello di coloro che resterebbero in lista di attesa. – Si propone di stilare graduatorie che avrebbero la durata di tre anni, dopo di che tutto dovrebbe esser rimescolato, come se la necessità, il diritto alla mobilità potessero avere una durata limitata nel tempo.

Sarebbe come se, nel caso dell’affitto di un alloggio popolare, si dicesse all’inquilino: “Ti do l’alloggio, ma solo per tre anni, poi rimettiamo tutto in discussione e, se del caso, te ne torni per strada.”. Risulterebbe invece più ragionevole e funzionale creare eventuali graduatorie aperte, a scorrimento, dalle quali poter accedere al servizio, senza altre limitazioni, fermi restando la necessità e l’obbligo costanti di reperire e rendere disponibili risorse economiche sufficienti a soddisfare le esigenze di tutti gli aventi diritto. – Come pensare che si possa graduare il livello di bisogno della mobilità; – Perché ancora una volta si scarica il diritto alla mobilità di una persona sulla famiglia sia da un punto di vista economico, sia introducendo i parametri della assistenza domiciliare? – Non è assolutamente ammissibile che persone con le stesse difficoltà, e dunque con le stesse necessità, possano esser discriminate (quello dentro e quell’altro fuori) per pure motivazioni di ordine economico.

Si reperiscano i fondi necessari! Per far sì che la giustizia sociale possa essere qualcosa di concreto e non una pura enunciazione di princìpi, di intenti. Fiduciosi che Ella e la Sua Amministrazione opereranno – anche alla luce di quanto da noi esposto – chiedendoLe di incontrarLa di persona per meglio poter esplicitare quanto fin qui esposto, Le porgiamo distinti saluti . Il Presidente Territoriale Giuliano Frittelli

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