La fiera è affollata, i buyer da tutto il mondo pullulano, il piccolo imprenditore e il compratore estero non si capiscono.
La lingua può rappresentare uno scoglio soprattutto quando si affacciano lingue legate a nuovi mercati e in cui non sempre l’inglese, peraltro a volte parlato in modo sommario da entrambe le parti, riesce a risolvere la situazione, soprattutto quando è la sfumatura a fare la differenza. Succede sempre più spesso.
Si può chiamare un interprete. Ma uno che conosca, ad esempio, l’arabo, non si troverà in un lampo. Però si può videochiamare via computer, tablet, smarthphone e si affaccerà entro tre minuti: non sarà presente in carne e ossa in fiera ma in tempo reale potrà favorire il dialogo e tradurre gli argomenti. È l’azienda Veasyt, nata come costola della Cà Foscari di Venezia e con anima vicentina, ad avere avuto l’intuizione e avviato l’attività oggi in fase di svolta, che fornisce il servizio di video-interpretariato in 20 lingue, anche in quella dei segni.
L’INCONTRO. Era il 2012 quando l’ingegnere aerospaziale Enrico Capiozzo di Sossano e Lisa Danese di Campiglia dei Berici laureata in scienze del linguaggio, insieme a professionalità legate al digitale, avevano mosso i primi passi verso la costruzione di una piattaforma di servizi linguistici. I passi si erano poi allungati nel 2014 con l’avvio del video-interpretariato, grazie all’investitore vicentino Andrea Ghello che aveva creduto nell’impresa, oggi Pmi innovativa, facendola uscire dall’incubatore. Nel 2015 arriva come cliente Expo. Nel 2016 tra clienti e partner si annoverano Cisco, il Parlamento italiano, Unicredit. Nel 2017 le amministrazioni pubbliche: in due anni l’impresa arriva a “servire” metà delle Ulss venete, mentre la Regione Basilicata acquista il servizio per la parte socio-sanitaria, si affacciano il Friuli Venezia Giulia e la Regione Lazio.
IL SERVIZIO. Funziona che, come detto, per ogni tipo di dispositivo (dotato di webcam e microfono) c’è la possibilità di avere a disposizione un interprete in videoconferenza. Una sorta di skype, dove dall’altra parte c’è un professionista ad agevolare i dialoghi tra medici e pazienti stranieri, ad esempio. E anche tra imprenditori e compratori, in incontri di lavoro e fiere. «Il nostro punto di forza – spiega Capiozzo – è una rete che oggi ha 250 interpreti».
LE RICHIESTE. «In questo momento – aggiunge – arabo e cinese risultano lingue molto richieste, oltre alle classiche lingue europee inglese, francese e tedesco. E si stanno sempre più aggiungendo lingue medio-orientali o africane». Il core business dell’impresa, che oggi fattura 180 mila euro ma viaggia con una crescita a tripla cifra, è costituito dal servizio verso la pubblica amministrazione, con tutte le difficoltà del caso: «Siamo spesso frenati dalla lentezza nella valutazione dei servizi innovativi – accusa – e dalla difficoltà nel cambiamento di abitudini. E anche dalla burocrazia legata alle clausole di sicurezza dei bandi sopra i 40 mila euro che ci vede spesso tagliati fuori proprio perché siamo “nuovi”».
LE SFIDE. Non demordono. In cantiere un aumento di capitale da un milione con due obiettivi: «Sviluppare il servizio rivolto alle piccole imprese da cui arriva sempre più l’esigenza di internazionalizzare in Paesi emergenti. E adattare la piattaforma anche per le conferenze.
http://www.ilgiornaledivicenza.it/