Sordità, sordomutismo e indennità di comunicazione

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Sordità, sordomutismo e indennità di comunicazione: qual è la differenza fra una persona sorda, una persona sordomuta ed una persona ipoacusica? 

di Chiara Pezza

Che differenza c’è tra sordi e sordomuti?

La distinzione fra le ipotesi ha importanza al fine del riconoscimento di erogazioni statali ed indennità, in quanto a seguito di una modifica legislativa del 2006 l’indennità di comunicazione viene riconosciuta soltanto alle persone che, secondo la legge vigente, possono rientrare nella definizione attuale di sordi.

Sordità e sordomutismo: cos’è l’indennità di comunicazione?

L’indennità di comunicazione è un’erogazione economica, istituita nel 1988 [1] in favore dei sordomuti [2].

L’indennità di comunicazione è svincolata da limiti di reddito, non passibile di revisione e non reversibile (non si può dunque lasciare ai propri eredi): pagata per dodici mensilità, per il corrente anno 2017 l’importo è fissato in 255,79 euro mensili.

Sordità e sordomutismo: a chi spetta?

In Italia, fino al 2006, si considerava sordomuto colui che fosse «minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva (fino al compimento di 12 anni) che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio».

Con l’introduzione della legge del 2006 [3], però, il legislatore ha modificato questa nozione, sostituendo in tutto l’ordinamento il termine sordomuto con il termine sordo. Per la nuova definizione, che sostituisce la precedente disposizione, si considera sordo «il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio».

Secondo quanto attualmente previsto, dunque, il sordo è colui che un tempo veniva chiamato per legge «sordomuto», cioè la persona che alla nascita, avendo una lesione dell’apparato uditivo, non ha avuto la possibilità di acquisire la capacità del linguaggio, quindi la capacità di parlare e di sentire. Risulta dunque determinante l’essere nati con tale patologia

Questa precisazione fa sì che abbia diritto all’indennità di comunicazione anche la persona sorda – dalla nascita – che, benché dotato di una protesi acustica, o magari a seguito di un intervento di impianto cocleare, è – o è stata – in grado di recuperare la capacità del linguaggio.

Poiché quindi l’indennità è volta alla minorazione, e non al recupero dalla malattia stessa (cioè la sordità) è sufficiente ci sia la menomazione per avere titolo a chiedere l’indennità.

Diverso invece il caso per la persona che è «sorda» secondo il linguaggio comune.  Infatti l’adulto che, per vari motivi, perde progressivamente l’udito – e diventa quindi sordo nella dizione comune, che usiamo tutti i giorni – in realtà è un soggetto “ipoacusico”.  Di conseguenza, non rientra nei requisiti per richiedere l’indennità di comunicazione, ma questo non significa che sia privo di supporto economico da parte dello Stato. Infatti, siccome potrebbe necessitare di una protesi acustica al fine di migliorare la propria capacità uditiva, la legge gli riconosce comunque un contributo economico per l’acquisto delle protesi: questo contributo è vincolato però al riconoscimento dell’invalidità civile, e non al riconoscimento della sordità.

L’invalidità civile deve essere riconosciuta specificamente per l’ipoacusia, e deve avere una percentuale superiore al 35%.

Chiara Pezza

note

[1] Art. 4 comma 1 della legge n. 508 del 1988 (norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti).

[2] Legge n. 381 del 1970.

[3] L. n. 95/1996.

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