Bologna, 9 giugno 1826 – 14 luglio 1907 – Sogna ad occhi aperti di essere missionario, anzi, possiamo dire che le missioni estere sono il suo chiodo fisso. È la Madonna a cambiar le carte in tavola al giovanissimo prete ed a preparargli una missione in quel di Bologna che egli neppure lontanamente si sarebbe immaginato.
Giuseppe Gualandi, figlio di un professore universitario, nasce a Bologna il 9 giugno 1826, ricevendo da madre natura un’intelligenza versatile e creativa che gli permette nel 1848, a 22 anni appena, di essere già diplomato all’Accademia delle Belle Arti e laureato in teologia. Nello stesso anno, il 23 dicembre, viene ordinato prete, naturalmente sempre sognando di poter andar lontano ad annunciare il Vangelo perché, diceva, «mi sono fatto sacerdote per servire alla gloria di Dio, al servizio della Chiesa, per la salvezza delle anime…».
Ad appena sei mesi dall’ordinazione, l’8 luglio 1849, durante la messa di prima Comunione nel giorno della festa del Cuore di Maria, la sua attenzione è attirata da una comunicanda, che anche solo a prima vista appare più grande delle altre. Gli viene spiegato trattarsi di tal Carolina Galuppini, che in quanto sordomuta ha dovuto ritardare la prima Comunione fino a che ha trovato alcune signore di buona volontà, in grado di darle quel minimo di istruzione religiosa senza la quale mai avrebbe potuto ricevere Gesù. Per don Giuseppe è il classico colpo di fulmine che gli fa scoprire un mondo, quello del sordomutismo, per lui fino ad allora completamente sconosciuto.
E, per il fatto che tutto ciò sia avvenuto davanti al quadro mariano che si venera nella sua parrocchia, lo ritiene una specialissima grazia della Madonna, che da quel momento in poi sarà presente in modo particolarissimo nella sua vita. Determinato e volitivo per natura, passa subito ai fatti, cominciando a studiare i vari metodi di comunicazione con i sordi allora esistenti. Si tratta, perlopiù, di esperienze pilota, sviluppatesi da Siena a Modena, in Lombardia, in Veneto e in Liguria. Con una buona dose di umiltà e con il sincero proposito di imparare da chi prima di lui si è interessato di questo handicap, don Giuseppe, malgrado le difficoltà di spostamento dell’epoca, si mette in viaggio da un centro all’altro, imparando, annotando, progettando. In questi viaggi è accompagnato dal fratello don Cesare, di qualche anno più giovane di lui, di salute cagionevole, che si è lasciato coinvolgere nel progetto.
A dire il vero è l’intera famiglia Gualandi che si lascia contagiare dal vulcanico don Giuseppe: i fratelli che studiano all’estero lo tengono aggiornato sui metodi adottati soprattutto in Francia, mentre i genitori gli concedono una porzione di casa per avviare un primo esperimento di accoglienza di giovani affetti da sordità. Più che un convitto o un istituto, don Giuseppe sta immaginando una o più “case famiglia”, che garantiscano quel clima di familiarità ritenuto parte integrante del suo metodo educativo. Già l’anno successivo in casa sua non ci stanno più tutti e comincia ad affittare un appartamento e poi altri ancora, perché i sordi gli arrivano a frotte. E quando si tratta di dare continuità alla sua opera è ancora la Madonna ad indirizzargli Orsola Mezzini, una brava ragazza che mette la sua vita a servizio dei sordi, diventando in seguito la prima suora e la prima superiora della congregazione che vuole fondare, perché i sordi abbiano chi si interessi a tempo pieno della loro educazione umana e cristiana. Nasce così la Piccola Missione per i Sordomuti, perché don Giuseppe Gualandi si sente sempre missionario, anche nella sua popolosa Bologna e senza bisogno di andare all’estero, in terra di missione.
Quando muore, il 14 luglio 1907, lascia dietro di sé una congregazione maschile, una congregazione femminile e 700 sordi seguiti, curati ed educati in una miriade di centri, dotati di scuole, laboratori, centri di riabilitazione sempre all’avanguardia, in gran parte sostenuti e finanziati con il proprio patrimonio familiare. Dal 24 aprile 2001 la Chiesa ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e si è ora in attesa di un miracolo che ne consenta la beatificazione.
Autore: Gianpiero Pettiti
Inviato da P.Vincenzo Di Blasio