Legge 104: non valido il concetto di “ristoro compensativo”

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Chi usa i i permessi previsti dalla L. 104/92 per motivi personali anziche’ per l’ assistenza al disabile e’ licenziabile. Non e’ valida la motivazione dell’ uso di tali permessi per “ristoro compensativo”. (Cass. Lav. n. 17968/16)

 14462935_10207699657074869_1147246966964194630_nI fatti:
una studentessa utilizzava i permessi per l’ assistenza ad un familiare disabile per seguire lezioni universitarie e per dare gli esami.
I permessi erano ottenuti sulla base della L. 104 del 5 febbraio 1992, che stabilisce all’art. 33 che “il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità”, con grado di parentela fino al secondo grado, “ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, anche in maniera continuativa”.
L’assenza da lavoro retribuita, come espresso nella sentenza (e in diverse altre pronunce per casi analoghi) e’ dunque possibile solo quando il periodo di permesso viene utilizzato per l’assistenza al familiare diversamente abile. Tutte le altre attivita’, incluso il riposo reso necessario dalla stanchezza accumulata nell’assistere il familiare disabile, sono escluse.
La studentessa (dipendente comunale) era stata pedinata dalla polizia che aveva accertato che essa aveva utilizzato 38 ore e 30 minuti del permesso che le era stato accordato per l’assistenza alla madre disabile per frequentare lezioni all’Università e sostenere i relativi esami.

La dipendente impugnava il licenziamento ma la Cassazione ha respinto il ricorso , confermando la legittimita’ della sanzione. Ha inoltre espressamente respinto la tesi difensiva affermando che il beneficio previsto dalla Legge 104 non ha funzione “compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile” ma deve assolutamente esistere un preciso “nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile Il lavoratore, in altre parole, deve prestare assistenza al familiare precisamente durante le ore di permesso che gli sono state accordate.

Veniva anche respinta dal magistrato anche la tesi della lavoratrice secondo cui l’attività assistenziale veniva svolta di sera, al rientro dalla sede universitaria: l’attivita’ di assistenza deve essere necessariamente svolta in coincidenza temporale con i permessi accordati.

Il lavoratore aveva commesso un duplice illecito: ai danni del datore di lavoro per la violazione del rapporto di fiducia e per la privazione della prest”.azione lavorativa; ha inoltre commesso illecito verso l’ Ente di previdenza che ha erogato denaro.

Il licenziamento e’ stato cosi’ confermato

Daniele Zamperini

http://www.pillole.org/

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