Teatro d’incontro, con attori sordi e udenti

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«Durante la rappresentazione teatrale di “Figli di un Dio minore” – scrive Claudio Arrigoni – che sta girando in questi mesi per l’Italia, non ci si annoia mai e c’è un teatro con scelte innovative, fra attori segnanti e parlanti in una maniera indifferenziata. Un teatro realmente “integrato”, in cui per la prima volta attori sordi e udenti recitano in questo modo sullo stesso palco, portando una grande verità, ovvero che “ci si può incontrare, ma solo andando tutti verso l’altro”»

di Claudio Arrigoni
Riflessioni già apparse in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Figli di un Dio Minore. A teatro un incontro fra mondi”. Viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

Dentro vi si trovano due culture, due lingue, due universi. Che si incontrano. Perché la differenza è nel modo di porsi, non di essere.
È una nuova e splendida riscoperta questo Figli di un Dio minore teatrale che sta girando l’Italia, fino alla prossima primavera. La sordità è spesso un arcipelago nel quale ci si perde, ma altrettanto regala momenti di grande riflessione e introspezione, udenti, sordi o ipoacusici che si sia. In scena e in platea, sul palco e sotto il palco, mostrano due mondi che si fondono nelle differenze e si cercano nelle capacità, come deve essere.
figli-di-un-dio-minore-giorgio-lupano-rita-mazzaIn quei 135 minuti non ci si annoia, c’è un teatro con scelte innovative, fra attori segnanti e parlanti in una maniera indifferenziata. Manca la titolazione e certamente avere i sopratitoli avrebbe reso ancora più accessibile una rappresentazione che per tanti versi già lo è, ma la sua introduzione potrebbe proprio essere il passo successivo, visto il successo che lo spettacolo sta ottenendo.

La storia è nota soprattutto per il film con William Hurt e Marlee Matlin, lei sorda, del 1986, nella versione cinematografica del testo teatrale di Mark Medoff del 1980. Pretesto portante è quello dell’amore tra l’insegnante logopedista James e Sarah, una delle sue allieve, sorda profonda, che se ne sta e vuole stare in un mondo a parte, fra segni e dintorni. Da quello l’attenzione si sposta e si pone – con delicatezza e poesia – su quella minoranza invisibile, mostrando come universi comunicativi separati si possano – no: debbano – incontrare.
In oltre trent’anni le cose sono più che migliorate, ma la strada che resta è ancora tanta e da fare. Uno spettacolo come questo aiuta. Anche per il modo in cui è realizzato. La riuscita infatti è anche e molto grazie ad attori che mostrano come sia possibile il teatro non solo per tutti, ma di tutti. Giorgio Lupano che sente e segna, Rita Mazza che non sente e segna: due protagonisti in un cast variegato (con loro Cristina Fondi, Francesco Magali, Gianluca Teneggi e Deborah Donadio), che mette insieme attori sordi e udenti (in tante parti segnano e usano la voce contemporaneamente), bellissimo e utilissimo segnale per far capire che l’arte, tutta, non ha i confini che quasi sempre le sono assegnati.
La rappresentazione teatrale, con una regia fatta di scelte nuove e quasi poetica di Marco Mattolini, è passata anche attraverso una fase di collaborazione con l’Istituto dei Sordi di Roma. Sono stati organizzati incontri e seminari tra professionisti udenti del mondo dello spettacolo, aspiranti attori sordi ed esperti di lingua e cultura sorda in modo da adattare lo spettacolo a pubblici differenti e individuare gli attori che interpretano i personaggi sordi.

«Tutto è cominciato tre anni fa, quando ricevetti il copione da Marco Mattolini. Dopo anni intensi di televisione volevo rimettermi in gioco a teatro»: Giorgio Lupano si è calato nel ruolo in ogni senso, avendo anche studiato per un anno e mezzo la lingua dei segni. Un’attenzione che va oltre quella professionale: «Mi ha cambiato la vita, mostrandomi un punto di vista diverso dal quale vedere la realtà». Anche se il cammino di Figli di un Dio minore è partito tra ostacoli: «Ho proposto questo copione a molti produttori, ma non è stato semplice far passare l’idea di uno spettacolo per un pubblico integrato di sordi e udenti». E questo è proprio teatro “integrato”, pur se magari la parola non è quella precisa, ma rende l’idea: è la prima volta che attori sordi e udenti recitano in questo modo sullo stesso palco.
Come Lupano, Rita Mazza è un’attrice straordinaria e certamente sottovalutata, sa leggere sette lingue e segna quasi in altrettante, compreso un po’ di iraniano: «Sono nata sorda da genitori sordi in una famiglia di udenti». Vive tra Parigi e Berlino: «Da noi non ci sono compagnie teatrali per sordi, se non gruppi amatoriali. Ma Figli di un Dio minore è un bel modo di mostrare che abbiamo attori sordi bravi e da utilizzare».

Sarah e James con la loro relazione e quello che sta loro attorno sono lo strumento per portare una grande verità: “Ci possiamo incontrare, ma tutti dobbiamo andare verso l’altro”.

http://www.superando.it

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