In occasione delle messa conclusiva del Giubileo dei catechisti ha concelebrato questa mattina in piazza San Pietro con Papa Francesco anche padre Cyril Axelrod, redentorista sordo-cieco conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno a favore dei disabili. E al termine del rito ha potuto riabbracciare il Papa per la seconda volta in quest’Anno Santo della Misericordia.
“Per fare catechesi puoi usare i movimenti, le emozioni, le espressioni del viso, il linguaggio del corpo, il tatto. Sono diversi i metodi che aiutano le persone cieche, sorde, sordo-cieche e i disabili mentali gravi ad aprire il cuore a Cristo così che Lui possa entrare nelle loro vite”, spiega padre Axelrod.
“Volto sorridente, barba e capelli candidi, talare nera e Crocifisso di legno al collo, il religioso – scrive Avvenire – comunica usando la lingua dei segni tattile, mentre due interpreti traducono in inglese e in italiano e altri nella lingua dei segni internazionale e in quella italiana. “La mia vocazione – confida il rekigioso – è aiutare tutti a vedere quanto è potente il Signore nelle nostre vite”. “La catechesi non è solo parole, parole, parole. Bisogna capire quali sono le possibilità che il disabile ha di comprendere e quale è il modo migliore per aiutare tutti, anche i bambini, a ricevere Gesù, a sperimentare la sua gioia”, ribadisce padre Axelrod che ha sempre accanto a sé qualcuno che trasforma le frasi in segni fatti sul palmo della mano.
“La lingua dei segni, la lingua dei segni tattile, il braille sono doni dello Spirito e io sono stato chiamato da Dio a dare la buona notizia a tutte le persone, ai poveri, per rendere liberi i prigionieri, ridare la vista ai ciechi e l’udito ai sordi”, racconta il redentorista che è il simbolo vivente dell’handicap vissuto come dono, opportunità. Nella sua esistenza le barriere non sono mai mancate: nasce completamente sordo, settantaquattro anni fa a Cape Town, figlio unico di genitori ebrei ortodossi e subito si scontra con la realtà di scuole che possono accoglierlo. Vuole diventare un rabbino, ma poi si converte e viene ordinato sacerdote cattolico. Nel suo Sudafrica, negli anni dell’apertheid, lotta a Soweto contro la segregazione razziale che non risparmiava neppure le persone sorde, poi parte missionario per l’estremo Oriente: Singapore, Macao, Hong Kong dove avvia iniziative importanti per i disabili.
Nel 2000, la sindrome di Usher gli toglie in modo definitivo la vista. Si trasferisce a Londra e lì porta avanti il servizio pastorale per i sordo-ciechi, oltre a girare per il mondo per evangelizzare chi, come lui, vive un isolamento quasi assoluto. Per dire che con Gesù niente è impossibile.