«A Spaccarelli, una frazione di Lanciano, si viveva con le porte aperte, si sapeva tutto di tutti, e questo poteva essere invadente, ma offriva anche sicurezza; per un bambino sordo significava protezione e compagnia assicurate».
Claudio ha 51 anni e ha perso l’udito a 18 mesi per una broncopolmonite mal curata. Con l’aiuto di Annarita ci racconta: «In paese tutti impararono a parlare con me, ero ben inserito, ma al di fuori avevo bisogno di essere sostenuto nella comunicazione. Questo mi creava frustrazione. Ciò che mi dava più problemi era il rapporto con le ragazze. Ma ero convinto che il Signore mi avrebbe fatto incontrare e sposare una donna udente». Si interrompe e interviene Annarita: «Sono cresciuta nella fede e nella Chiesa grazie alla mia famiglia. Sono entrata in parrocchia da piccola e sono diventata catechista. Un giorno ho incontrato un ragazzo sordo e con il tempo mi sono innamorata di lui». Si inserisce nuovamente Claudio: «Ricordo perfettamente il giorno in cui la incontrai, il suo sguardo dolce e attraente. Impiegò un mese a imparare a comunicare con me. Dopo tre anni ci sposammo».
Annarita confidò al suo parroco l’innamoramento per Claudio e lui ne accolse con grande gioia il desiderio di “segnare” (usare il linguaggio dei sordi, nda) durante la Messa. Da allora Claudio e Annarita, interprete della lingua dei segni e insegnante di religione di 43 anni, felici genitori di una bambina, sono impegnati nella pastorale dei sordi nella parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata a Pescara.
L’ATTIVITÀ IN PARROCCHIA
Don Valentino Iezzi è il parroco che la guida. «Inizialmente la pastorale dei sordi era itinerante. Cinque anni fa, in accordo con il vescovo, si sono inseriti in questa parrocchia. Il gruppo, composto da una ventina di persone, è guidato da quattro di loro, due non udenti e due interpreti udenti, che organizzano tutte le attività insieme con me».
Agli inizi, racconta Annarita, «tendevamo a restare sempre tra noi, con un distacco dettato dai tempi più dilatati dei sordi, da quell’isolamento che ogni diverso percepisce e poi accetta. Questa splendida apertura ci ha cambiati, ha permesso ai sordi di divenire parte della parrocchia e di riconoscersi in una comunità viva e partecipe».
GRUPPI APERTI A TUTTI
La voce e il temperamento quieto di don Valentino celano una grande tenacia: «Attraverso il cammino catechetico che abbiamo sviluppato, facendo un percorso di fede, non soltanto sono diventati più adulti e responsabili spiritualmente, ma si sono messi al servizio degli altri. Sono attivi nell’iniziativa parrocchiale delle cellule di evangelizzazione, che si prefigge di accogliere nuovi membri dal territorio; e se in un primo momento la cellula era divisa tra sordi e udenti, successivamente Claudio e l’amica Anita hanno dato vita a una cellula rivolta a soli sordi».
Anita ha 65 anni, è sposata da 42 e ha tre figli. «Andavo a Messa e basta. Sono stata invitata a uno dei ritiri organizzati da don Valentino e grazie alle attività parrocchiali ho scoperto cose che prima non sapevo. Ho intrapreso un percorso che mi ha fatto innamorare sempre più di Gesù e ho iniziato a condividere questo mio amore anche con le persone intorno a me».
PICCOLI MIRACOLI
Don Valentino ci racconta quelli che lui chiama piccoli miracoli: «Tutto il gruppo dei sordi partecipa all’adorazione eucaristica. Sono impegnati nella redazione delle monizioni che anticipano le letture della Messa: le scrivono e le leggono dall’ambone a fianco del traduttore. Hanno un loro coro, che anima alcune celebrazioni, ma cantano anche insieme al coro degli udenti. Animano le rappresentazioni drammaturgiche durante la Settimana santa; è molto suggestiva la processione durante la domenica delle Palme, per loro è un modo davvero intenso per esprimersi».
Prezioso è l’aiuto delle interpreti, che operano gratuitamente e instancabilmente per offrire una celebrazione eucaristica tradotta simultaneamente; anche al primo banco, seguire il labiale del sacerdote e dei lettori non è cosa facile.
Conclude don Valentino: «Tutta la parrocchia si è prodigata affinché queste persone non rimanessero sole; isolarsi significava continuare a sentirsi inferiori, come se non servissero a nulla, e questo è inaccettabile». Anita condivide un desiderio come un’intenzione di preghiera: «Sarebbe meraviglioso che altre parrocchie italiane avessero la grazia e gli strumenti per far “ascoltare” la Parola anche alle persone sorde, in modo che anche loro possano operare insieme con gli udenti per evangelizzare».
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