«Mutuo per aiutare nostro figlio: ci hanno sottratto 20 mila euro»

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C’è chi, con uno stipendio di appena 1.100 euro al mese, è ancora costretto a pagarne cento su ogni mensilità per un prestito che ormai non gli offre alcun vantaggio.

soldi_euroAltri, dopo aver visto sparire la liquidazione di una vita nel gorgo delle “azioni sicure e non quotate, quasi titoli di stato”, sono stati obbligati a chiedere aiuto ai figli e ai nipoti, in un capovolgimento di quelle che sono le normali logiche familiari. Se è vero che, su 220mila risparmiatori «traditi», meno di ottomila hanno deciso di pretendere giustizia e farsi sentire, sono proprio le loro voci, cariche di risentimento e amarezza, a rappresentare le testimonianze più significative di quanto sta accadendo in tutta la regione dopo il crollo delle due banche popolari.

«A me e a mio marito è stato detto dagli operatori allo sportello cosa fare – racconta la signora Fulvia, di Treviso, a margine dell’incontro di ieri a Mestre – Noi volevamo aprire un mutuo per aiutare nostro figlio a comprare casa, abbiamo finito col perdere anche il gruzzolo che avevamo da parte: circa ventimila euro». Difficile che le persone si sbottonino, quando si parla di soldi e difficoltà economiche, ma il caso della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca ha spinto all’esasperazione tantissimi privati, e, tra uno sfogo e l’altro, è possibile ricostruire vicende complicate, al limite della sopravvivenza: «L’altra sera persino un comandante dei carabinieri della zona è stato spinto verso il suicidio – raccontava Patrizio Mitiello, del comitato Don Torta – questa è un’apocalisse per il Veneto».

Nel tracciare il profilo di quello che accadeva nelle filiali appare chiaro come gli ordini fossero di non guardare in faccia nessuno, neppure a soggetti con difficoltà o disabilità evidenti, come emerge dalla storia di Tino Boaretti, dell’ente nazionale sordi: «Ero andato in banca con due amici, nella mia stessa situazione – ha spiegato il non udente – abbiamo aperto un conto, ma con enorme difficoltà: nessuno ci ha spiegato nulla, abbiamo fatto fatica a capire quello che ci dicevano e non era disponibile alcun interprete. Alla fine i nostri soldi sono scomparsi».

Anche la reticenza dei dirigenti bancari, d’altronde, è cosa nota: «Alle assemblee pubbliche

lo stesso presidente Gianni Zonin minacciava chiunque volesse prendere la parola di far intervenire la polizia, pur di tacere ogni lamentela – ricordava ieri un altro cittadino – come è possibile che nessuno dicesse niente?».

(g.co.)

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