Licenziati da Alitalia, riassunti dal giudice. Sono tantissimi i ricorsi presentati dagli ex lavoratori della compagnia di bandiera. Una vera e propria valanga con quasi 500 impugnazioni, molte delle quali accolte dalla magistratura. Come avvenuto recentemente per un gruppo di impiegati.
Ma salta all’occhio il licenziamento di un disabile in data 5 dicembre 2014, nell’ambito della procedura avviata il 3 novembre 2014. L’ex lavoratore, però, ha impugnato l’atto, vedendosi accolte per buona parte le proprie ragioni soltanto il 9 dicembre scorso, quando il giudice del lavoro, Carlotta Calvosa, ha ordinato a “Alitalia SAI s.p.a di reintegrarlo nel posto di lavoro e condanna entrambe le società convenute in solido al pagamento in favore del ricorrente di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e non superiore a dodici mensilità”. Ma non è tutto, il giudice ha riconosciuto anche il “versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettivo ripristino, maggiorati degli interessi nella misura legale”.
Il disabile si è visto riconosciuto un diritto sancito dalla legge italiana, che salvaguarda le categorie protette.
Niente da fare. Si sono costituite in giudizio entrambe le società convenute, Compagnia Area Italiana S.p.A (già Alitalia – Compagnia Area Italiana S.p.A., trasformata in CAI) e Alitalia – Società Area Italiana S.p.A (diventata SAI) opponendosi all’accoglimento del ricorso.
“Il licenziamento risulta essere stato tempestivamente impugnato stragiudizialmente nei confronti della resistente CAI, all’epoca datore di lavoro del ricorrente, in data 12.1.2015 (a mezzo raccomandata ar.)”, si legge nella sentenza.
Infatti il giudice ritiene che “altro sia la sospensione dagli obblighi di assunzione di quota di disabili, in favore di impresa che versi nelle condizioni di cui agli artt. 1 e 3 L. 223/91; altro sia la possibilità di recedere dai rapporti di lavoro con i dipendenti disabili avviati obbligatoriamente”.
C’è intanto chi nell’azienda punta il dito contro i mancati controlli dell’ufficio di collegamento, i cui ispettori avrebbero dovuto controllare, è l’accusa tra gli operai, il rispetto delle categorie protette, garantite, in questo caso, dalla sentenza del giudice del lavoro.
Ma la tensione continua a salire intorno all’ex vettore italiano. Le grane non mancano sia sul fronte dei licenziamenti, con i successivi reintegri, che sulla gestione dell’azienda.
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