La storia di una donna cresciuta in un collegio e che ha imparato a parlare da adulta dopo l’impianto di un orecchio bionico, ma il suo nemico è il rumore
di Stefano Bizzi – 19 gen
«Voglio solo vivere». Monica Lavia ha 37 anni, è originaria di Bergamo, ma abita a Gorizia e ha una rara forza di volontà: il destino le si è accanito contro fin dal primo giorno. Nata sorda e rimasta orfana in tenera età, è cresciuta in collegio dove ha sempre comunicato con i gesti. Sognava di fare la maestra, ma nessuno ha potuto istruirla con la Lis, la lingua dei segni. Quando, a 21 anni, ha potuto firnalmente lasciare l’ultimo istituto, fuori dal cancello non aveva nessuno ad aspettarla. Era sola. Venne aiutata dalle famiglie dei suoi compagni che, per un breve periodo, le diedero un letto e un pasto caldo.
Fu allora che, tra le prime persone in Italia, decise di sottoporsi ad intervento di impianto cocleare. Per la prima volta, sentì il rumore dell’acqua e del vento, il canto degli uccellini e le voci delle persone, ma non sapeva ancora parlare, se non con le mani. Nonostante il diploma, decise di tornare a scuola sedendosi tra i banchi di una classe elementare per imparare a riconoscere ciò che non aveva mai sentito.
«Mi sono tirata su le maniche: uno, due, a volte, anche tre lavori per poter pagare un affitto, una macchina e tutto ciò di cui avevo bisogno per la mia autonomia», racconta senza cercare pietà. Quello che oggi chiede è solo un lavoro perché, per quanto possa sembrare irto e tortuoso, il percorso può sempre diventare ancora un po’ più ripido e difficile.
«La mia vita, fuori dalle mura di un collegio, aveva il dolce profumo della libertà e l’amaro gusto della solitudine», ricorda. A Bergamo non si sentiva a suo agio, così, un giorno, per lasciarsi alle spalle quel passato in modo definitivo, decise di chiedere la mobilità all’azienda per cui lavorava. Ottenuto il trasferimento a Pordenone, ha conosciuto alcune persone, tra cui l’amica che le ha fatto scoprire la nostra città. E proprio a Gorizia ha deciso di mettere radici comperando la casa dove vive con la sua cagnolina Briciola. Con una diversa mansione e nella confusione di un grande centro commerciale, Monica non è però riuscita a superare le difficoltà oggettive del suo handicap. «L’impianto cocleare – spiega – permette di sentire, ma non cura la sordità: e ciò che non potevo fare prima, non potrò farlo mai. Il suono è qualcosa che ho accarezzato da subito, ma il rumore mi è nemico».
Alla fine di giugno è stata licenziata e a luglio è rimasta vittima di un incidente che l’ha costretta a quasi tre mesi d’ospedale in una condizione di paresi temporanea, superata grazie a una lunga e dolorosa riabilitazione. Tornata a casa, non riesce ad assaporare la gioia per l’ennesima battaglia vinta, ma teme la sconfitta in quella con il futuro. Oggi la pensione di invalidità non le permette di coprire la rata del mutuo e i risparmi che aveva messo da parte, ma lei non si arrende. «Ce la metto tutta – assicura -, ho voglia di vivere la vita che non ho mai avuto, di stare bene come forse non sono mai stata. Sono dinamica e volenterosa. Ho bisogno di lavorare ma, soprattutto, ho bisogno di vivere»