Si fanno fatica a lettere le righe scritte da una delle ragazzine ospite della casa degli orrori di Licata.
Gabriele Bertocchi – Mer, 20/01/2016 – 11:57
Il centro di accoglienza per disabili sigillato dai carabinieri nell’inchiesta “Catene spezzate” e coordinata dalla procura della Repubblica di Agrigento.
Come riporta La Repubblica, nel testo si legge: “Ieri ero tranquilla, poi sono andata in bagno e ho visto (…) che si mangiava la cacca e poi (…) l’hanno legata con lo scotch mani e piedi e bocca e le hanno messo una coperta di sopra. Gli facevano guai, le mettevano le mollette nel naso, gli davano schiaffi e io avevo paura. Volevo chiamare i carabinieri ma non ci sono riuscita. Ora ho tanta paura che mi fanno del male“. Dalle parole della piccola è chiaro che quella casa che avrebbe dovuto aiutare e sostenere i ragazzi affetti da handicap invece era un lager. Un luogo dove la disabilità era punità. Un vero e proprio lager: bambini incatenati ai letti, senza cibo e chiusi a chiave in stanzini per ore e ore.
La testimonianza letta dai militari si aggiunge a quella della vicepreside di una della ragazze del centro, che rendendosi contro della gravità di quello che stava ascoltando ha subito acceso il registratore dello smartphone. “Ci tolgono le chiamate e ci chiudono nella stanza. E poi…“. La piccola si ferma, tituba. L’insegante però insiste, “E poi, che cosa?“. La giovane ricomincia il tremendo racconto: “E poi danno bastonate a quelli che non hanno le famiglie. E uno lo tengono legato“. Una registrazione che ha inorridito la professoressa ma che ha permesso ai carabinieri di far partire le indagini e mettere fine alla violenze.
Indizi e sospetti che sono stati aiutati dal disegno di un ragazzo che ha realizzato in classe. Il disegno è una fiaba, il commento del giovane spiega: “Una principessa che sta facendo un incubo, in una casa da sola con una strega che tiene tutti i ragazzi in una casa con i suoi complici. Lei è una strega cattiva e crudele che riempie di medicinali quelli che non hanno famiglie, li addormentano e li picchiano. All’improvviso mi sveglio da questo sogno brutto, dove mi rinchiudevano nella stanza, mi levavano le chiamate alla famiglia“. La somma di tutti gli elementi a convinto gli investigatori a far scattare immediatemente le indagini sulla coop “Suami”.
Le procedure sono state rapide: in manette è finita la responsabile del centro, Caterina Federico, trentadue anni, di Licata. Insieme alla donna, sono indagate altre sette persone. Tra queste anche il presidente del consiglio comunale di Favara, Salvatore Lupo, nella veste di amministratore unico della cooperativa per minori. Le accuse sono di vario titolo: dai maltrattamenti al sequesto di persone. Gli ospiti del centro, tutti minori disabili, venivano sottoposti quotidianamente a punizioni e privazioni che andavano dal digiuno al divieto di chiamare i familiari, fino all’essere rinchiusi all’interno delle stanze. Uno di loro veniva legato, giorno e notte, con catene al suo letto. Gli ospiti erano anche costretti a mangiare cibo scaduto e mal conservato e i carabinieri hanno accertato che dentro il centro veniva utilizzata acqua contaminata da batteri coliformi