Cosa sta succedendo attorno alla crisi abitativa in Spagna

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Sabato ci sono state grosse manifestazioni, nonostante il governo di Pedro Sánchez abbia appena presentato un piano

Sabato in Spagna ci sono state manifestazioni per il diritto alla casa molto partecipate in 39 città, di ogni regione. Proteste di questo tipo vanno avanti dalla scorsa primavera e si erano intensificate soprattutto in estate, ma mai tutte insieme come questo weekend.

Oltre a collegare il grande aumento dei prezzi degli affitti e delle case al turismo di massa, come le volte precedenti, i manifestanti hanno chiesto al governo spagnolo di fare di più. Questo nonostante il primo ministro Pedro Sánchez abbia da poco presentato un piano per la crisi abitativa, e negli ultimi mesi diverse amministrazioni locali avessero annunciato misure simili.

Le proteste sono state convocate dai sindacati degli inquilini e le più grandi sono state a Madrid, la capitale, e Barcellona. Secondo gli organizzatori a entrambe hanno partecipato più di 100mila persone; secondo le autorità rispettivamente 15mila e 12mila persone.

Quello della casa è un tema molto sentito in Spagna. Da dicembre, per la prima volta, risulta stabilmente la prima preoccupazione nel sondaggio mensile che conduce il Centro de Investigaciones Sociológicas, un’agenzia governativa. Negli ultimi dieci anni sono raddoppiati sia il costo medio dell’affitto sia, quasi, quello del prezzo al metro quadro. È un aumento che non procede parallelamente a quello dei salari, che sono aumentati in media del 20 per cento.

La manifestazione di Barcellona, il 5 aprile

La manifestazione di Barcellona, il 5 aprile (AP Photo/Emilio Morenatti)

L’istituto nazionale di statistica spagnolo (INE) ha calcolato che nel 2024 il prezzo medio di una casa è cresciuto dell’8,4 per cento: il doppio che nel 2023 e il maggiore incremento annuale dal 2007, l’anno prima della crisi finanziaria globale. In 9 regioni su 17, però, l’aumento annuale è stato maggiore: vale soprattutto per le città più grandi o turistiche, dove anche gli affitti sono diventati per molti insostenibili.

Il risultato è che quasi il 40 per cento delle famiglie spagnole spende più del 40 per cento del suo reddito per pagare l’affitto o il mutuo, secondo un report della banca centrale spagnola. Storicamente la Spagna è (come l’Italia) un paese con un’offerta di edilizia pubblica e convenzionata residuale rispetto a quella privata, per quanto riguarda gli affitti.

Le chiavi sono uno dei simboli delle proteste degli inquilini

Le chiavi sono uno dei simboli delle proteste (Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)

Le proteste di sabato, come detto, hanno creato un problema politico al governo. Anzitutto, perché teoricamente il governo progressista di Pedro Sánchez le ha sempre sostenute. Tra l’altro in molte città politici ed esponenti del suo Partito Socialista e dei suoi alleati di sinistra di Sumar hanno partecipato alle manifestazioni.

Sabato la ministra per le Politiche abitative, Isabel Rodríguez, ha detto che serve che tutti i livelli amministrativi introducano le stesse norme, lasciando intendere che gli sforzi del governo siano vanificati dalla mancata collaborazione dei comuni e delle regioni dove governa l’opposizione (di centrodestra).

L’ostruzionismo sistematico del Partito Popolare, la principale forza dell’opposizione, è un problema, ma negli ultimi mesi la centralità della crisi abitativa ha portato anche i Popolari a fare proposte per contenere gli affitti, seppure diverse da quelle della sinistra: vertono più che altro sulla riduzione dell’imposta di successione.

Il primo ministro Pedro Sánchez in parlamento, il 26 marzo

Il primo ministro Pedro Sánchez in parlamento, il 26 marzo (EPA/JAVIER LIZON)

A gennaio Sánchez aveva presentato un ambizioso piano di misure per la crisi abitativa, in 12 punti. All’estero si era parlato soprattutto della proposta di una tassa fino al 100 per cento sugli immobili acquistati da persone che non risiedono nell’Unione Europea, per contrastare la scarsità di case. Però non è stata ancora presentata in parlamento.

La principale delle altre proposte è uno sgravio fiscale fino al 100 per cento dell’imposta sul reddito (l’IRPF) per i padroni di casa che fissano un affitto in linea con quello massimo suggerito dal governo. L’idea è incentivarli ad abbassarlo, ricompensandoli con lo sgravio. Il governo ha fatto approvare una legge che rafforza i poteri delle amministrazioni locali di mettere un tetto agli affitti nelle zone più critiche, che però è stata applicata solo in Catalogna, Navarra e nei Paesi Baschi (le regioni governate dal Partito Popolare invece si sono opposte).

La manifestazione di Madrid, il 5 aprile

La manifestazione di Madrid, il 5 aprile (Aldara Zarraoa/Getty Images)

Sánchez inoltre ha proposto di tassare gli affitti brevi «per quello che sono, cioè un’attività economica» e di far pagare loro l’IVA. Varie città, tra cui Barcellona e Malaga, negli scorsi mesi hanno annunciato norme per limitare in futuro gli affitti brevi turistici (e nel caso di Barcellona proibirli a partire dal 2029). Tra l’altro, lo scorso autunno, la Corte Suprema spagnola ha stabilito che per i condòmini sarà più facile vietarli.

Infine Sánchez ha promosso la creazione di una nuova grande società statale per l’edilizia pubblica, chiamata Empresa Pública de Vivienda. Dovrà gestire il patrimonio immobiliare residenziale dello stato e coordinare i progetti per costruire 180mila nuove abitazioni (su un fabbisogno di 600mila). Recentemente il governo le ha trasferito più di 3mila palazzi da riconvertire per farci alloggi di edilizia popolare. La Spagna è in una fase economica molto positiva, e anche per questo chi ha manifestato si aspetta piani più incisivi e immediati dal governo.

Redazione Il Post

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