Una prima analisi sulla resistenza degli edifici residenziali ai Campi Flegrei

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Pozzuoli, 29 maggio 2024 (ANSA/ CIRO FUSCO)

Circa la metà è a rischio di subire danni anche in caso di terremoto moderato, secondo il centro studi universitario Plinius

Nella zona dei Campi Flegrei, l’area vulcanica vicino a Napoli dove ci sono spesso terremoti, il 40 per cento degli edifici residenziali è considerato a rischio medio di subire danni, e il 10 per cento a rischio alto. Lo ha detto in un’intervista a Radio 24 Giulio Zuccaro, professore all’università Federico II e responsabile scientifico di Plinius, centro studi universitario nonché centro di competenza nazionale sul rischio vulcanico della Protezione civile. Sulla base dei rilievi fatti fin qui Zuccaro ha spiegato tuttavia di non aspettarsi «catastrofi» se dovesse esserci un terremoto per esempio di magnitudo 5. Di sicuro però «i danni ci sarebbero», dice. La zona considerata è quella definita “d’intervento”, cioè quella interessata direttamente da potenziali deformazioni del suolo, in cui vivono circa 85mila persone.

In questi giorni, come accade ciclicamente, si sta parlando di nuovo molto dei rischi per l’incolumità degli abitanti nell’area dei Campi Flegrei, dove dal 15 febbraio si stanno registrando decine di scosse di terremoto. C’è stata anche una polemica innescata dalla risposta data a un residente di Pozzuoli dal capo della Protezione civile, Fabio Ciciliano, durante un incontro pubblico: l’uomo chiedeva cosa avrebbe fatto la Protezione civile se ci fosse stata una scossa di magnitudo 5 e Ciciliano ha risposto che in quel caso «cadono i palazzi e conto i morti. Funziona così».

Il fenomeno alla base degli sciami sismici nella zona dei Campi Flegrei è chiamato bradisismo e consiste nel movimento del suolo dovuto a gas e fluidi molto caldi. A differenza del Vesuvio, i Campi Flegrei non hanno un vulcano principale, ma sono piuttosto una serie di vulcani attivi da più di 80mila anni. Hanno una struttura detta “caldera”, cioè un’area ribassata a forma più o meno circolare che si è formata per effetto di grandi eruzioni esplosive. La caldera dei Campi Flegrei si estende dal comune di Monte di Procida a Posillipo e comprende anche una parte sottomarina nel fondale del golfo di Pozzuoli. L’area include i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli e Quarto, oltre a parte di Napoli stessa.

Dal marzo del 2024 il centro studi Plinius ha avviato una campagna di rilievi per verificare la vulnerabilità degli edifici nella zona dei Campi Flegrei basandosi su un’analisi fatta dall’esterno degli edifici. Un gruppo di professionisti ha analizzato circa 12.700 strutture nell’area, di cui circa quattromila sono edifici non residenziali, come scuole e uffici pubblici. L’analisi si è concentrata sulle abitazioni: di queste circa il 50 per cento è risultata a rischio alto (il 10 per cento) e medio (il 40 per cento), ha spiegato. Zuccaro ha detto che questa valutazione non significa che in caso di terremoto forte questi edifici crolleranno inevitabilmente: ciascuna struttura ha le sue caratteristiche ed è difficile prevedere quante e quali potrebbero non reggere.

I rilievi fatti finora hanno però permesso di individuare le aree esposte a un rischio maggiore per via dell’elevata concentrazione di edifici vulnerabili. Zuccaro non ha specificato quali siano ma ha detto che è in queste zone che occorre iniziare a investire i fondi previsti dal governo.

L’analisi sugli edifici del centro studi Plinius ha considerato tra le altre cose la tipologia di materiale usato per la costruzione (cemento armato o muratura) e per i tetti, e il numero di piani. Le caratteristiche strutturali sono poi state messe in relazione alla tenuta degli edifici in caso di sisma attraverso simulazioni. Lo scorso maggio Zuccaro aveva spiegato che questo tipo di analisi poteva essere considerata solo preliminare, dal momento che i rilievi erano stati fatti soltanto dall’esterno. Le stime però avrebbero permesso di farsi un’idea piuttosto affidabile della vulnerabilità dell’area dei Campi Flegrei, così da poter fare in seguito approfondimenti mirati.

La fase successiva prevede infatti la condivisione delle valutazioni del centro studi con i singoli comuni, affinché ogni proprietario degli edifici situati nelle zone più vulnerabili possa chiedere analisi più specifiche svolte anche dall’interno.

Redazione Il Post

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