E dice di voler continuare a portare avanti la lotta del marito, il dissidente Alexei Navalny, morto in circostanze ancora poco chiare in una prigione di massima sicurezza in Siberia
Yulia Navalnaya, vedova del dissidente russo Alexei Navalny e presidente della Fondazione anti-corruzione (FBK) da lui creata, ha detto che intende diventare presidente della Russia. L’ha dichiarato a BBC durante un’intervista fatta in occasione dell’uscita di Patriot, un libro autobiografico a cui Navalny stava lavorando prima della morte, avvenuta lo scorso 16 febbraio in un carcere russo in Siberia, in circostanze tuttora poco chiare.
Navalnaya vive all’estero da tempo e quando la giornalista di BBC l’ha intervistata si trovava a Londra. In Russia è accusata di far parte di una «organizzazione estremista» ed è stata inserita in un elenco di persone accusate di «terrorismo», una categoria che comporta restrizioni sulle transazioni finanziarie ed è spesso usata dal governo russo come ritorsione contro gli oppositori. L’elenco è gestito dal Rosfinmonitoring, un ente governativo che tra le altre cose raccoglie e analizza informazioni per combattere i reati finanziari. Se Navalnaya tornasse verrebbe dunque arrestata.
Per anni Navalnaya non ha mai voluto assumere un ruolo politico di rilievo, nonostante le numerose pressioni provenienti dai critici del regime di Vladimir Putin. Dopo la morte del marito aveva cominciato a dire di voler «continuare a lottare» e ora, a BBC, ha dichiarato che prima o poi, nel suo paese, ci sarà la possibilità di organizzare elezioni libere e giuste e che quando questo accadrà lei parteciperà come candidata: «Il mio avversario politico è Vladimir Putin. E farò di tutto per far cadere il suo regime il prima possibile».
Tra le altre cose, Navalnaya ha dichiarato che Vladimir Putin dovrà rispondere «della morte e dell’omicidio» del marito, che finora ha invece negato, e ha aggiunto che la Fondazione che dirige ha già delle «prove» a sostegno di questa tesi che saranno rese pubbliche quando «il quadro sarà completo».
Navalnaya ha 48 anni ed è nata a Mosca il 24 luglio del 1976. Suo padre era uno scienziato, sua madre lavorava al Comitato statale per la pianificazione, più conosciuto come Gosplan, l’agenzia che si occupava dei piani economici dell’Unione Sovietica. Quando aveva 11 anni, i genitori divorziarono: restò a vivere con la madre e il nuovo compagno, un collega al Gosplan, in un appartamento di uno dei grattacieli della zona del villaggio olimpico di Mosca, un quartiere da classe media. Studiò Economia all’università e lavorò per un periodo nel settore economico.
Conobbe Alexei Navalny nel 1998 in un villaggio turistico in Turchia: lui allora era un avvocato specializzato in diritto aziendale. Si sposarono nel 2000, ebbero la prima figlia Dasha nel 2001 e il secondo, Zakhar, nel 2008. Già dopo la prima gravidanza Navalnaya lasciò il lavoro per occuparsi della famiglia.
Nei primi tempi della carriera politica e giornalistica di Navalny, Navalnaya gli fece da addetta stampa e ne curò la comunicazione, oltre a essere l’ultima persona a rileggere tutto ciò che Navalny scriveva. Insieme a lui, fra il 2000 e il 2011 fece parte del partito liberale e nazionalista Yabloko, uscendone quando Navalny ne fu espulso. Da allora e fino a oggi ha mantenuto un ruolo di secondo piano.
Fuori dalla Russia, e fuori dal gruppo degli addetti ai lavori che si occupava di politica russa, Navalnaya rimase poco conosciuta fino al 2020, quando Navalny venne avvelenato in Siberia e ricoverato nella città russa di Omsk sempre in Siberia: varie indagini successive dimostrarono in maniera piuttosto credibile che fu avvelenato da agenti dell’FSB, i servizi di sicurezza interni della Russia. In quell’occasione Navalnaya ebbe un ruolo centrale nell’ottenere che il marito venisse trasferito in Germania per essere curato: era lei ad aggiornare i giornalisti sulle condizioni di salute del marito e fu allora che divenne nota in mezzo mondo. Dopo l’avvelenamento, Navalny decise di tornare in Russia e fu immediatamente arrestato.