Il nuovo governo francese vuole un’altra riforma dell’immigrazione

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Il ministro francese dell'Interno Bruno Retailleau, Parigi, 23 settembre 2024 (AP Photo/Christophe Ena)

Ancora più restrittiva rispetto a quella, molto contestata, promossa da Macron ed entrata in vigore nove mesi fa

Domenica 13 ottobre il ministro dell’Interno del nuovo governo francese, Bruno Retailleau, ha annunciato una nuova legge sull’immigrazione, il cui esame dovrebbe iniziare in parlamento già all’inizio del 2025. Le sue dichiarazioni sono state accolte con una generale sorpresa sui giornali francesi: sia perché la precedente riforma sull’immigrazione è entrata in vigore meno di nove mesi fa; sia perché, poche settimane fa, il primo ministro Michel Barnier sembrava aver escluso la possibilità di un nuovo intervento sullo stesso tema: «Abbiamo appena legiferato, […] applicheremo le regole», ci saranno possibili modifiche «ma nel quadro della legge attuale», aveva detto a France 2.

Alla fine l’ha spuntata Retailleau, uno dei membri più a destra del governo di Barnier, che si è insediato a inizio settembre. Tutto questo nonostante il dibattito sulla precedente riforma si sia concluso da pochi mesi, come stanno facendo notare diversi giornali francesii.

Alla fine del 2023 il parlamento francese aveva approvato una riforma dell’immigrazione proposta dall’allora ministro dell’Interno di centrodestra Gérald Darmanin: il testo era stato per mesi al centro di dibattiti molto tesi dentro al parlamento e all’interno della maggioranza che sosteneva il presidente Emmanuel Macron, che era infine riuscita ad arrivare a un’approvazione grazie al sostegno di diversi partiti di destra, fra cui quello dei Repubblicani, e del Rassemblement National, il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella.

Darmanin aveva presentato la legge come un compromesso tra un maggiore controllo dell’immigrazione irregolare e una semplificazione e ampliamento dei percorsi di integrazione, ma la riforma era stata poi ampiamente modificata in senso conservatore soprattutto a causa di Bruno Retailleau, allora capogruppo dei Repubblicani al Senato. L’estrema destra l’aveva apprezzata a tal punto che Le Pen l’aveva rivendicata come una «indiscutibile vittoria ideologica» del suo partito.

La legge riduceva l’accesso ai sussidi per i richiedenti asilo, introduceva una cauzione da versare allo stato da parte degli studenti stranieri con bisogno di permesso di soggiorno, reintroduceva il reato di “soggiorno irregolare”, rendeva più difficile per i figli nati in Francia da persone straniere diventare francesi e stabiliva che le persone con doppia cittadinanza condannate per gravi reati potessero perdere quella francese. Dopodiché ampie parti del testo – proprio quelle inserite in corso di discussione per fare delle concessioni alle destre e che lo stesso Darmanin aveva giudicato «chiaramente contrarie alla Costituzione» – erano state annullate dal Consiglio Costituzionale.

Da quando è diventato ministro dell’Interno Retailleau ha espresso più volte il desiderio di reintrodurre le disposizioni della legge cancellate dal Consiglio Costituzionale sostenendo che l’annullamento dei giudici era stato fatto per motivi di forma e non di sostanza. Tra le misure anticipate dal nuovo testo che Retailleau vuole presentare c’è anche l’estensione del periodo massimo di detenzione amministrativa delle persone migranti interessate da una procedura di espulsione da novanta a duecentodieci giorni, cosa che attualmente avviene solo in caso di reati legati al terrorismo. Intende inoltre limitare molto una norma che consente di regolarizzare soprattutto i genitori di figli che frequentano da almeno tre anni la scuola francese: una misura con cui ottengono un permesso di soggiorno circa 30mila persone all’anno.

La sinistra ha reagito all’annuncio di una riforma sull’immigrazione di questo tipo denunciando una nuova concessione fatta a Marine Le Pen: «Abbiamo un governo che vuole una legge sull’immigrazione come garanzia per l’estrema destra», ha detto il segretario del Partito socialista, Olivier Faure; «Per settimane il dibattito pubblico sarà saturato dai temi dell’estrema destra», ha aggiunto il deputato Benjamin Lucas di Génération.s, partito fondato dall’ex candidato socialista alle presidenziali Benoît Hamon. I Verdi hanno criticato «un accumulo legislativo che non risolve nulla» e «che ha già distrutto la vita di molte persone».

Ormai da tempo in Francia, sul tema dell’immigrazione, è stata approvata in media una riforma ogni due anni, e ciascuna a partire dalla constatazione del fallimento della precedente. Secondo Le Monde dal 1980 sono state introdotte ben 32 leggi sull’immigrazione. Diversi giornali scrivono che quest’ultima nuova riforma è stata annunciata a causa delle pressioni esercitate sul governo dall’estrema destra: un governo, formato da macronisti e Repubblicani, che è stato da subito molto criticato perché non rispecchia il risultato delle ultime elezioni ed è molto più a destra di quanto il presidente Emmanuel Macron avesse promesso quando parlava della necessità di arginare l’ascesa di Le Pen e chiedeva di creare un “fronte Repubblicano” con le altre forze politiche del paese.

Anzi, avendo soltanto una maggioranza relativa, il nuovo governo dipende dall’appoggio esterno del Rassemblement National, che ha minacciato di dare il proprio voto alle mozioni di sfiducia presentate dalla sinistra se il governo stesso non avesse promosso alcune misure, fra cui un inasprimento delle norme nei confronti di migranti e richiedenti asilo.

Centrale, per questa nuova proposta di riforma, è Bruno Retailleau, uno dei ministri più estremisti del nuovo governo, criticato non solo a sinistra. I giornali francesi ne parlano come di un uomo colto, elegante nella forma, lo definiscono «cortesemente reazionario». Retailleau è cattolico, molto conservatore ed è apertamente schierato contro i diritti delle persone LGBT e delle donne. Difende la cosiddetta «famiglia tradizionale», è vicino alla Manif pour tous, movimento di cattolici reazionari contrario all’estensione del matrimonio civile alle coppie omosessuali. A marzo ha votato contro l’inserimento del diritto all’aborto nella Costituzione.

In passato Retailleau, che aveva giudicato Marine Le Pen «un po’ troppo morbida», è noto da tempo per le sue posizioni rigide sull’immigrazione. Nel luglio del 2023, a proposito dei giovani con origini migranti, si diceva preoccupato di una «regressione» della Francia «verso le origini etniche» delle popolazioni di migranti; nel febbraio del 2022 fece propria l’espressione xenofoba dell’estrema destra «Français de papier» («Francesi sulla carta») per parlare dei cittadini naturalizzati francesi in contrapposizione con coloro che sarebbero i «veri» francesi, i «francesi d’origine». Spesso identifica esplicitamente immigrazione e criminalità, ha detto che «lo Stato di diritto non è intangibile né sacro», e difende l’eliminazione dell’assistenza sanitaria statale per le persone senza permesso di soggiorno: una proposta giudicata in passato troppo di destra anche dal partito di Macron.

Al momento della sua nomina a ministro dell’Interno diversi politici di sinistra e politologi francesi dissero che Bruno Retailleau sarebbe stato utile a persuadere i deputati del Rassemblemen National pronti a votare contro il governo. E dissero anche che Retailleau avrebbe contribuito a confondere le linee di divisione tra la destra di cui lui fa parte e il Rassemblement National. «Con le sue idee cerca di elevare la destra a un livello tale che il Rassemblement National non possa più essere la soluzione», ha riassunto il senatore socialista Patrick Kanner, spiegando che Retailleau sta portando a compimento una droitisation (destrizzazione) dei Repubblicani che ha contribuito a farli tornare centrali, nella loro forma più estrema, nella politica francese.

Redazione IL POST

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