L’Esercito sta chiudendo il suo storico allevamento di cavalli

Il Cemivet fu fondato nel 1870 e per molto tempo è stata un'attività importante per Grosseto; ora tutti gli animali saranno spostati nel Lazio dove nascerà un nuovo “polo equestre” militare

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Militari del reggimento Lancieri di Montebello pattugliano a cavallo la pineta di Castel Fusano, a Roma, durante l'operazione Strade Sicure, il 24 agosto 2017. (ANSA/ UFFICIO STAMPA)

Alle 12:30 di giovedì 3 ottobre quattro camion dell’Esercito per il trasporto di cavalli sono entrati nel Centro militare veterinario (Cemivet) di Grosseto, in Toscana, scortati da alcune auto dei carabinieri. Si sono diretti verso le stalle, dove due butteri (i pastori della maremma) e un allevatore hanno caricato a bordo dei primi tre veicoli sei cavalle fattrici, cioè destinate alla riproduzione, con altrettanti puledri. Sul quarto automezzo hanno fatto salire altre quattro cavalle. Qualche ora dopo il convoglio è ripartito verso Montelibretti, una quarantina di chilometri a nord di Roma, dove nascerà il nuovo “polo equestre” dell’esercito.

I camion per il trasporto cavalli dell'esercito in arrivo al Cemivet di Grosseto, il 3 ottobre 2024 (foto Maremmaoggi.net)

I camion per il trasporto cavalli dell’esercito in arrivo al Cemivet di Grosseto, il 3 ottobre 2024 (foto Maremmaoggi.net)

Di solito questo tipo di trasporti riguardano solo i puledri che hanno meno di tre anni. I cavalli vengono inviati a Montelibretti, dove c’è una scuola di cavalleria dell’esercito e si allenano gli atleti che partecipano alle gare di equitazione, o agli altri centri ippici militari, che si trovano a Lecce, a Palmanova in Friuli, a Tor di Quinto nella zona nord di Roma, e a Palermo. A volte i puledri venivano trasferiti solo di poche decine di metri, per andare al centro ippico che si trova all’interno del Cemivet. Le cavalle fattrici invece non erano mai state spostate. «Quando i militari ci hanno detto di caricare anche loro, abbiamo capito che non dovevamo preparare la solita spedizione di cavalli per le esercitazioni o per le gare, ma che dovevamo cominciare a smantellare l’allevamento», dice un dipendente civile del centro, che preferisce rimanere anonimo.

Per i lavoratori non è stata una sorpresa, poiché la decisione del governo di chiudere il Cemivet era nota già da qualche mese, anche se a loro non è mai stata comunicata ufficialmente. Nei prossimi mesi saranno spostate a Montelibretti tutte le fattrici e i puledri che sono nelle stalle del centro, e così è cominciato il trasferimento definitivo del più antico allevamento equino dell’Esercito italiano.

Il “Deposito allevamento cavalli” dell’Esercito fu istituito ufficialmente l’11 novembre del 1870 con un regio decreto su un’area di 50 chilometri quadrati, 4 chilometri a nord di Grosseto. Era un’ex tenuta di caccia dei Lorena, la famiglia di origine francese che governò il Granducato di Toscana dalla metà del Settecento all’Unità d’Italia. Fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento era considerata l’industria più grande della città, poiché dava lavoro a decine di agricoltori, allevatori, butteri e maniscalchi. Anche se in seguito è stato ridimensionato, oggi occupa ancora quasi sei chilometri quadrati di terreni e vi sono impiegati circa 200 militari e una quarantina di civili. Prima del trasferimento, nell’allevamento c’erano 200 cavalli.

Dentro ci sono un comando militare, un centro ippico, una struttura per l’addestramento dei cani da utilizzare per la ricerca di esplosivi nelle missioni all’estero, ambulatori e sale operatorie per cani e cavalli, le scuderie, due musei e una mensa per i militari e per il personale civile. La Croce Rossa gestisce un centro in cui si pratica l’ippoterapia, un metodo di cura basato sull’andare a cavallo che è utilizzato da fisioterapisti, neurologi e psicoterapeuti con pazienti che hanno problemi cognitivi o neuromotori. Ad aiutare nella semina e nella raccolta del fieno sono invece alcune aziende agricole.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia, ha deciso di accorpare e snellire il settore equestre dell’esercito, secondo alcune linee guida approvate dal governo Renzi nel 2015 e mai applicate. Il piano prevede di «accentrare le risorse sull’asse Montelibretti-Tor di Quinto», nell’area nord di Roma, dove ha la sua sede il reggimento Lancieri di Montebello. Dispone inoltre la chiusura di quattro centri ippici in tutta Italia e il «progressivo trasferimento delle fattrici e dei puledri da Grosseto a Montelibretti».

Lo Stato maggiore dell’Esercito sostiene che non è un ridimensionamento dei cavalli nelle forze armate, ma sono misure per ridurre le spese legate al loro mantenimento. Gli animali vengono impiegati soprattutto per le cerimonie istituzionali e nella sorveglianza delle sedi istituzionali, ma spesso sono utilizzati anche nel controllo del territorio, com’è accaduto con l’operazione Strade Sicure contro la microcriminalità e il terrorismo nelle città, avviata nel 2008. Secondo le linee guida dell’Esercito vanno inviati anche in scenari di guerra «a media e bassa intensità», soprattutto come mezzo di trasporto e per le esplorazioni, e dove c’è bisogno in caso di calamità naturali per aiutare le forze dell’ordine e la Protezione civile ad arrivare dove la viabilità e la mobilità sono più difficili.

Militari a cavallo del reggimento Lancieri di Montebello nella pineta di Castel Fusano, a Roma, il 24 agosto 2017 (foto Ansa/Ufficio stampa)

I militari a cavallo del reggimento Lancieri di Montebello nella pineta di Castel Fusano, a Roma, il 24 agosto 2017 (FOTO ANSA/UFFICIO STAMPA)

Già dieci anni fa, quando si cominciò a discutere del trasferimento del Cemivet, a Grosseto ci furono molte proteste. Il sindaco Emilio Bonifazi, del Partito Democratico, scrisse alla ministra della Difesa e sua collega di partito Roberta Pinotti sostenendo che «lo spostamento lascerebbe inutilizzati pascoli e spazi particolarmente idonei», e che porterebbe «all’abbandono di strutture veterinarie, scuderie specializzate e mezzi che non sono trasferibili, oltre che di edifici di un certo pregio storico e architettonico». Molti di questi, e anche il cancello d’ingresso monumentale, sono tutelati dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio.

Le linee guida furono comunque approvate, ma la ministra Pinotti sospese di fatto la chiusura, fu spostata a Montelibretti solo la scuola di mascalcìa, il mestiere di chi ferra i cavalli (il maniscalco). Appena si insediò il governo Meloni, la questione tornò d’attualità.

A ottobre del 2022 lo Stato maggiore dell’Esercito analizzò i «vantaggi» e le «controindicazioni» di un eventuale spostamento dell’allevamento di cavalli da Grosseto a Montelibretti. Tra i punti a favore, indicò la «concentrazione in un unico sito della filiera produttiva equina» e la coerenza con le linee guida del 2015. Gli svantaggi riguardavano invece «l’incremento dei costi» per la demolizione delle strutture che non sarebbero più state utilizzate a Grosseto e le spese per costruire due scuderie per le fattrici, altrettanti ricoveri per i puledri e una chirurgia veterinaria a Montelibretti. Secondo l’Esercito queste opere, da consegnare «entro il 2024», costeranno 1 milione e 800mila euro, che si sommano ai 720mila euro spesi per la nuova scuola di mascalcìa. Nel documento si legge inoltre che il trasferimento dei cavalli da Grosseto non è «fattibile» perché i 2 chilometri quadrati di spazio disponibili a Montelibretti non sono sufficienti a ospitare, oltre ai 90 cavalli già presenti, gli altri 180 provenienti da Grosseto. Nonostante le controindicazioni, a maggio del 2024 il governo ha deciso di rendere operativo il trasferimento.

Appena le voci sulla chiusura hanno cominciato a circolare, a Grosseto sono ripartite le proteste. Un gruppo di cittadini ha formato un comitato che ha raccolto 3.500 firme contro il trasferimento dei cavalli. La Lega ha presentato un ordine del giorno in consiglio comunale che è stato approvato all’unanimità. Impegna il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, che guida una coalizione di centrodestra, a intervenire con il ministero della Difesa e con i vertici militari per «impedire lo spostamento del Cemivet». Sono state presentate anche tre interrogazioni parlamentari. La prima è stata depositata da Marco Simiani del Partito Democratico, la seconda da Luana Zanella dell’Alleanza Verdi e Sinistra e la terza da Fabrizio Rossi di Fratelli d’Italia. In estrema sintesi, i deputati hanno chiesto al ministro della Difesa Guido Crosetto di conoscere «i costi del trasferimento», «l’impatto e le ripercussioni per il territorio e per il Cemivet stesso dal punto di vista economico, occupazionale e strategico» e cosa accadrà ai terreni dove ora si coltiva il foraggio per i cavalli.

All’inizio di luglio il deputato Simiani e Stefano Graziano, capogruppo del PD in commissione Difesa alla Camera, hanno incontrato il Capo di Stato maggiore dell’Esercito Carmine Masiello. Il generale gli ha confermato la decisione di chiudere l’allevamento.

«Ci ha detto che si è trattato di una decisione politica del ministro Crosetto e che non c’era nulla da fare», racconta Simiani. Per questo ha proposto delle «misure compensative», come la trasformazione del Cemivet nel «ricovero dei cavalli riformati di tutte le forze armate e per il riposo estivo» degli animali, e la creazione di un centro nazionale per l’ippoterapia. In pratica a Montelibretti saranno trasferite solo le 40 cavalle fattrici e gli 80 puledri, mentre una sessantina di cavalli «riformati», cioè che non possono svolgere più le loro attività perché sono troppo vecchi, si sono infortunati o sono malati, rimarranno a Grosseto, risolvendo in parte anche il problema del sovraffollamento segnalato dallo Stato maggiore dell’esercito. «Non riusciamo a capire come faranno a far riprodurre le fattrici e a gestire gli allevamenti, visto che non hanno le strutture che ci sono qui e neppure le professionalità, come i butteri, che sono specializzati in etologia, nell’alimentazione e nell’addestramento dei giovani cavalli», dice un dipendente.

Masiello ha assicurato ai parlamentari che la produzione di foraggio rimarrà a Grosseto, e che non saranno toccati i posti di lavoro dei dipendenti civili. Al comitato contro il trasferimento dei cavalli credono però che poco alla volta tutte le attività saranno spostate nel nuovo polo equestre laziale. «Per ora ci danno un contentino, ma sappiamo bene che il Cemivet verrà gradualmente dismesso», dice Valentina Pes, un’ex militare che ha prestato servizio nella cavalleria a Tor di Quinto e a Grosseto.

Redazione IL POST

 

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