Viola legge sul velo, polizia iraniana spara e la paralizza

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Lo scrive il Guardian citando ong e fonti, la donna era in auto

È l’ennesimo episodio di una spirale di violazioni senza fine, quello avvenuto a Noor, nel nord dell’Iran, dove la polizia avrebbe sparato su una donna che guidava senza rispettare le regole sul corretto uso del velo, ferendola in modo grave e lasciandola paralizzata.

Protagonista della tragedia – raccontata dal Guardian che cita le denunce dei gruppi per i diritti umani e fonti interne all’Iran – è Arezoo Badri, madre di due bambini che stava tornando a casa nella città settentrionale il 22 luglio quando la polizia ha tentato di fermarla dopo che la sua auto era stata segnalata.

L’ong Human Rights Activists in Iran ha affermato di ritenere che Badri potrebbe essere stata vista o filmata mentre guidava con la testa scoperta nei giorni precedenti la sparatoria, e che era stato diramato un avviso sulla sua targa: dall’anno scorso – come parte di una stretta sulle donne che violano il codice sull’abbigliamento obbligatorio – le autorità iraniane fanno uso di telecamere a circuito chiuso per identificare le conducenti che non si coprono i capelli e confiscare i loro veicoli.

Quando la polizia ha tentato di fermare Badri, la donna non avrebbe rispettato gli ordini e gli agenti hanno aperto il fuoco sul veicolo in movimento. Un comandante della polizia di Noor ha confermato ai media locali che il conducente di un’auto era stato colpito quando non aveva rispettato l’ordine di fermarsi, ma non ha fatto il nome di Badri. Secondo Mamlekate, un’organizzazione di citizen journalism iraniana, la donna è entrata in coma dopo essere stata colpita da un proiettile e portata in un ospedale di Teheran.

Da lì “non abbiamo avuto notizie sulle sue condizioni perché è un ospedale militare fortemente sorvegliato e di proprietà della polizia”, ha raccontato al Guardian un medico che ha curato segretamente le donne sopravvissute alle violenze sessuali e i feriti durante le proteste del movimento “Donna, vita, libertà” nato dopo la morte in custodia di Mahsa Amini. Ma Masih Alinejad, una giornalista iraniana in esilio, ha affermato di aver ricevuto dettagli sulla sparatoria e foto di Badri da fonti vicine alla sua famiglia, mentre i parenti stretti della donna hanno denunciato di aver ricevuto pressioni per non discutere pubblicamente della vicenda.

“Quando ho ricevuto per la prima volta le foto e ho sentito che Badri è madre di due bambini, non riuscivo a smettere di piangere e continuavo a pensare a mio figlio”, ha raccontato. “Come si potrà spiegare nel Ventunesimo secolo a quei bambini che la loro madre è stata colpita dalla polizia per il crimine di non coprirsi i capelli?”.

Redazione ANSA

 

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