Secondo l’analisi della Commissione sulla convergenza sociale in Italia, l’impatto sarà ridotto “nonostante alcune misure di accompagnamento positive”. Le criticità sono i salari, i contratti a tempo determinato e il lavoro non standard
L’Ue boccia il nuovo assegno di inclusione prevedendo che “determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile (rispettivamente di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali) rispetto al regime precedente”.
È quanto si legge nell’analisi sulla convergenza sociale dedicata all’Italia condotta dalla Commissione Ue nel quadro del semestre europeo. “Nonostante alcune misure di accompagnamento positive, si prevede che criteri di ammissibilità più rigorosi” al sostegno introdotto a gennaio “ridurranno l’impatto per alleviare la povertà del nuovo regime”, scrive ancora Bruxelles.
I “potenziali rischi per la convergenza sociale”
Dall’istruzione all’occupazione, dalla povertà alla questione meridionale, sono molteplici gli ambiti su cui Bruxelles punta i riflettori analizzando i “potenziali rischi per la convergenza sociale”. Nel suo report – pubblicato insieme alle analisi per Bulgaria, Estonia, Spagna, Lituania, Ungheria e Romania -, l’esecutivo Ue osserva che “nonostante i progressi compiuti, in particolare per quanto riguarda l’occupazione, ulteriori sforzi potrebbero portare l’Italia ad affrontare pienamente le sfide che si trova ad affrontare in relazione al mercato del lavoro, alla protezione sociale e all’inclusione, nonché all’istruzione e alle competenze”.
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Contratti a tempo determinato e lavoro non standard
Sul fronte occupazionale, la Commissione europea segnala che, nonostante i limitati miglioramenti nel 2023, “la percentuale di contratti a tempo determinato rimane tra le più alte nell’Ue”, un elemento che – combinato “all’elevata incidenza di forme di lavoro non standard (compreso il lavoro stagionale) – ha portato a “una diminuzione del numero di settimane lavorate all’anno e contribuisce a un’elevata disuguaglianza e volatilità dei guadagni annuali”.
Decreto lavoro non sufficiente
“Le riforme recentemente intraprese”, tra cui il Decreto Lavoro, “non sono ancora sufficienti per affrontare il problema dell’elevata percentuale di contratti a tempo determinato”, sottolinea ancora Bruxelles. Anche i salari, “strutturalmente bassi”, rappresentano una criticità. “Tra il 2013 e il 2022, la crescita ei salari nominali per occupato è stata del 12%, meta’ della crescita a livello dell’Ue (23%)”, nota l’esecutivo Ue, evidenziando che “mentre il potere d’acquisto nell’Ue è aumentato del 2,5%, in Italia si è ridotto del 2%”.
Stagnazione salariale
“La stagnazione salariale, la bassa intensità di lavoro e i bassi tassi di occupazione, insieme a un’elevata percentuale di famiglie monoreddito, comportano significativi rischi di povertà lavorativa”, si legge nel report.
Il ministero non ci sta: “Analisi parziale”
L’analisi della Commissione Ue “si basa su uno studio di natura statica e parziale, nel senso che non tiene conto delle dinamiche di attivazione generate dalle nuove misure e dalla crescita dell’occupazione in Italia”. E’ quanto osservano fonti del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, secondo cui “una valutazione complessiva porterebbe probabilmente a un’analisi più positiva”. Il Reddito di cittadinanza, ricordano, è stato sostituito dall’Assegno di inclusione e dal Supporto per la formazione e il lavoro.