Quando lo videro presentarsi al punto vaccinale con un braccio di gomma, all’inizio di dicembre del 2021, gli operatori sanitari non riuscirono a capire se quello organizzato da un odontoiatra di Biella fosse uno scherzo o un maldestro tentativo di non ricevere il vaccino. Bastarono una segnalazione all’Ordine dei medici e le domande dei giornalisti per scoprire che era vera la seconda. L’odontoiatra spiegò che quell’azzardo era l’unico modo per ottenere il Green Pass senza ricevere davvero il vaccino, requisito indispensabile per lavorare. Fu radiato dall’Ordine, eppure da allora continua a lavorare nonostante il provvedimento disciplinare.
Il suo non è un caso isolato: l’odontoiatra di Biella, così come altre migliaia di medici nelle altre regioni, è in attesa che il suo ricorso presentato contro il procedimento disciplinare venga esaminato dalla commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, la CCEPS (si legge “cèps”), una sorta di corte di appello dei medici. Negli ultimi anni il lavoro della commissione è andato molto a rilento e in alcuni periodi si è addirittura fermato. Nel frattempo i medici sospesi o radiati, anche con accuse molto gravi, sono rimasti nei reparti e negli ambulatori.
L’esame di un procedimento disciplinare inizia nel momento in cui un Ordine provinciale o regionale viene a conoscenza di una possibile violazione del codice deontologico. Il medico accusato viene informato delle segnalazioni e convocato per una prima audizione, il presidente della commissione disciplinare chiede conto delle accuse e il medico può presentare memorie difensive, cioè un testo con cui l’imputato può comunicare con il giudice. Esattamente come durante le indagini preliminari di un’inchiesta. Al termine dell’audizione viene preparato un verbale firmato dal presidente della commissione e dal medico.
A questo punto il presidente riferisce i risultati di questa raccolta di informazioni, definita istruttoria, al resto della commissione disciplinare che decide se archiviare il caso oppure se sentire nuovamente il medico accusato. Se il procedimento disciplinare prosegue, nell’ultima fase vengono esposte nuovamente le accuse e il medico ha la possibilità di farsi assistere da un legale. Infine la commissione decide se assolvere il medico accusato o approvare un provvedimento disciplinare. Il più lieve consiste nell’avvertimento, il secondo è la censura, ovvero una dichiarazione di biasimo per il suo comportamento, poi c’è la sospensione che è temporanea e nei casi più gravi la radiazione, definitiva.
Il provvedimento diventa esecutivo dopo 30 giorni a meno che il medico interessato non presenti ricorso alla CCEPS. Secondo la legge il ricorso alla commissione sospende il provvedimento, quindi il medico può continuare a lavorare fino a quando non si esprimerà la commissione. Dopo il pronunciamento della CCEPS, in caso di conferma del provvedimento l’ultima possibilità è di appellarsi alla Cassazione entro 60 giorni. In questo caso, però, il provvedimento disciplinare non viene sospeso. Le sospensioni e le radiazioni definitive vengono annotate sull’albo dell’Ordine.
Il primo medico sottoposto a un provvedimento disciplinare perché contrario alle vaccinazioni pediatriche fu radiato dall’Ordine dei medici di Treviso nel 2017. La CCEPS respinse il suo ricorso nel 2020, ma nel frattempo il medico aveva continuato a ricevere pazienti nel suo ambulatorio. Si appellò alla Cassazione che all’inizio del 2023 ha accolto il suo ricorso per un vizio di forma: la decisione fu presa da una seduta della commissione a cui erano presenti soltanto quattro membri invece che cinque. È solo uno dei tanti casi simili negli ultimi anni.
Finora i tempi sono stati molto lunghi per una serie di cause. La CCEPS è stata ferma più di tre anni. Dal 2018 al 2020 il ministero della Salute non ha rinnovato i componenti della commissione, da dicembre del 2020 a novembre del 2021 le sedute sono state sospese per via della pandemia. Nel 2022 è stata nominata presidente Elena Stanizzi che però si è dimessa all’inizio dell’anno. Il suo posto è stato preso da Antonio Pasca, ma nel frattempo sono passati mesi. La prima convocazione con il nuovo presidente è prevista a novembre quando si dovrà discutere cosa fare delle migliaia di ricorsi arretrati.
«C’è una montagna di arretrati» dice Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG) e componente della CEEPS scelto dall’Ordine dei medici chirurghi. La situazione attuale, spiega, è dovuta all’aumento dei provvedimenti disciplinari avvenuto durante la pandemia nei mesi in cui la commissione non si è riunita. Gli arretrati c’erano già prima, ma con l’emergenza se ne sono aggiunti molti altri perché i 106 Ordini tra provinciali e regionali hanno ricevuto molte segnalazioni di violazioni del codice deontologico.
L’ex presidente Stanizzi si era impegnata a esaminare gli arretrati non più in ordine temporale come in passato, ma con un criterio di gravità. «L’obiettivo era esaminare i casi più gravi, come le radiazioni dovute a molestie sessuali» continua Scotti. «L’esame di accuse così pesanti non poteva essere rimandato».
L’accumulo degli arretrati non è dovuto soltanto alle interruzioni delle sedute degli ultimi anni, ma anche alla carenza di personale. Sono solo due i funzionari amministrativi che hanno il compito di preparare le istruttorie, cioè i fascicoli con tutto il materiale inviato dagli Ordini provinciali esaminato poi dalla commissione. È un lavoro lungo, complesso, da cui dipende l’esito dei ricorsi. Per una questione formale, inoltre, chi presiede la commissione deve scrivere personalmente le sentenze e le motivazioni, anche questo un lavoro piuttosto gravoso.
Filippo Anelli, presidente della federazione nazionale degli Ordini dei medici, dice che questa situazione è motivo di grande frustrazione per le commissioni di disciplina degli Ordini, il cui lavoro è inefficace, per certi versi inutile.
«Noi abbiamo sollecitato più volte il ministro per un intervento di carattere legislativo che possa permettere di smaltire migliaia di ricorsi arretrati» dice Anelli. Per esempio si potrebbe introdurre una fase di raccolta di informazioni precedente all’istruttoria, per alleggerire il lavoro della commissione. «Dietro a una questione burocratica c’è un problema molto serio: ci sono medici accusati di violenza sessuale che continuano a lavorare pur essendo radiati» conclude Anelli. «Il nuovo presidente Pasca è una persona capace, che ha già avuto questo ruolo in passato. Confidiamo nella sua esperienza, anche se sarebbe opportuna una riforma complessiva del sistema».
Un ultimo problema, comunque non secondario, riguarda la giustizia ordinaria che non comunica con gli Ordini dei medici. Solitamente un provvedimento disciplinare legato a un’accusa trattata dalla giustizia ordinaria viene discusso dalla commissione di disciplina al termine del processo. Le condanne, tuttavia, non vengono comunicate all’Ordine dei medici che non ha molti strumenti per controllare gli esiti dei processi, soprattutto quelli meno raccontati dai giornali. I tempi lunghi della giustizia italiana a cui si sommano i tempi lunghi della CCEPS consentono quindi ai medici di continuare a lavorare, anche a chi è accusato di reati gravi legati alla professione. Passano anni prima di una sentenza, e in certi casi gli Ordini si ritrovano a esaminare accuse nei confronti di medici ormai in pensione.
di Isaia Invernizzi – Il Post