Lega del Filo d’Oro-Istat: in Italia 100mila persone sordocieche, in Europa sono 656mila

Cifre importanti, che restituiscono la reale dimensione di una fascia di popolazione spesso invisibile, che rischia di essere confinata nell’isolamento imposto dalla propria disabilità. Sono alcuni dei dati emersi dal “Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità” commissionato dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzato dall’Istat

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In Italia sono 100mila le persone con più di 15 anni che presentano limitazioni sensoriali gravi e plurime alla vista e all’udito.

In Europa la sordocecità colpisce 656mila persone. Con un’incidenza tripla tra gli anziani. Sono alcuni dei dati emersi dal “Nuovo studio sulla popolazione di persone sordocieche, con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità“. L’indagine è stata commissionata dalla Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus e realizzata dall’Istat. La presentazione dello studio è avvenuta alla sala stampa della Camera dei Deputati.

Alla presenza, tra gli altri, del ministro per la disabilità, Alessandra Locatelli. Secondo lo scenario emerso, in Italia il 67,6% delle persone sordocieche è donna. Il 61% ha oltre 65 anni di età. E una persona su 4 (25,8%) vive da sola. A causa dei limiti imposti dalla complessa disabilità sensoriale, la maggior parte di loro ha titoli di studio più bassi rispetto al resto della popolazione. Basti pensare che circa una persona su 2 ha solo la licenza elementare (56%). Di conseguenza la capacità di reddito  è inferiore. Infatti, in relazione alle condizioni economiche, il 23% di queste persone si colloca sotto il 1° quintile di reddito. Mentre il 18% tra il 1° e il 2°. Ovvero tra le fasce più povere della popolazione. Solo il 26% dichiara di essere occupato. Il 6% si dichiara inabile al lavoro.

La vita a ostacoli delle persone con disabilità

Indagando più nello specifico il livello di autonomia nelle attività quotidiane, se si analizza il sottogruppo dei 65 anni e più, emerge che il 43,5% riscontra difficoltà gravi nelle attività domestiche, mentre il restante 16,1% dichiara di avere almeno una difficoltà grave sia nelle attività di cura personale che nelle attività domestiche. Inoltre, tra coloro che dichiarano di avere almeno una difficoltà moderata o grave nelle attività di cura personale, quasi 4 persone su 10 (37,5%) denunciano una mancanza di aiuto, cifra che sale a una persona su due tra coloro che dichiarano invece di avere almeno una difficoltà moderata o grave nell’attività domestica.

Se si considerano coloro che, oltre alle limitazioni sensoriali gravi plurime legate alla vista e all’udito, presentano contemporaneamente limitazioni di tipo motorio, si arrivano a conteggiare 262mila persone colpite nel nostro Paese. E oltre un milione e 400mila nell’Unione europea. Cifre così importanti restituiscono la reale dimensione di una fascia di popolazione spesso invisibile. Tanto da rischiare di essere confinata nell’isolamento imposto dalla propria disabilità. Giunto alla sua seconda edizione ed esteso al contesto europeo, lo studio, edito da Erickson, centra l’obiettivo.

E cioè restituisce una maggiore consapevolezza rispetto alla vastità del fenomeno della sordocecità. Ad essere indagate sono le condizioni di vita delle persone che ne sono colpite. Attraverso la classificazione internazionale ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health). Una scala delle disabilità come risultato dell’interazione negativa tra la persona e l’ambiente, fisico e culturale in cui vive. In accordo con quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Servizi da adeguare

“Questa importante ricerca evidenzia con chiarezza la necessità di un impegno ancora più grande per la piena attuazione dei principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità – spiega il ministro Alessandra Locatelli -. Per questo siamo impegnati ad attuare pienamente la legge quadro sulla disabilità. In modo da rispettare, garantire e tutelare ogni persona. L’obiettivo principale è quello di migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Dunque è indispensabile agire con politiche sociali integrate dal punto di vista sanitario, sociosanitario e sociale. Ma anche garantire servizi e sostegno adeguati“.

Prosegue la titolare del dicastero per la disabilità: “È nostro dovere garantire l’unicità della persona che ha bisogno di cure e riabilitazione. Ma anche di relazioni, affetti e tempo sociale. È importante lavorare insieme per raggiungere questi obiettivi fondamentali per l’inclusione sociale, la formazione e il lavoro delle persone sordocieche. Ma anche per assicurare loro una vita dignitosa e partecipata. Occorre approfondire dal punto di vista tecnico e politico la norma. In questi anni, infatti, pur essendo specifica per il riconoscimento della sordocecità, non ha saputo intercettare al meglio i bisogni di tutte le persone sordocieche. Creando delle sostanziali differenze in termini di accesso ai benefici. E risultando quindi inadeguata ai fini di una complessiva tutela”.

Situazione in Italia

“Emerge in modo chiaro dall’indagine soprattutto un dato- afferma Rossano Bartoli, presidente della Fondazione Lega del Filo d’Oro Onlus- Ossia l’effettiva diffusione delle problematiche vissute dalle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali. Per le quali, da sempre, la Lega del Filo d’Oro si è fatta portavoce. I risultati dello studio realizzato con l’Istat aprono prospettive di riflessione. E sollecitano azioni concrete non più procrastinabili”. Precisa Bartoli: “È necessario individuare nuove modalità di risposta. Estendendo ad esempio il nostro modello di intervento alle strutture residenziali per anziani. Dove si colloca il numero maggiore di persone con disabilità sensoriali multiple“. Occorre “operare sempre più in prossimità dei luoghi di origine dei nostri utenti. Inoltre, come Lega del Filo d’Oro abbiamo il dovere di promuovere la loro reale inclusione all’interno della società. E il pieno riconoscimento dei loro diritti. Per questo rivolgiamo il nostro appello alle istituzioni.

Affinché in Italia l’iter per la revisione e la piena applicazione della legge 107 del 2010 non si fermi”.

 

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