di Marina Mingarelli
È sordomuto, ma ora è accusato di aver messo a segno numerose truffe telefoniche. Protagonista suo malgrado dell’odissea giudiziaria un trentenne residente in un Comune limitrofo a Frosinone.
Nelle settimane scorse il giovane si è visto notificare un avviso di chiusa inchiesta con l’accusa di aver di aver incassato soldi per la vendita sul web di telefonini mai consegnati. A casa di coloro che avevano acquistato gli smartphone a prezzi stracciati era arrivata solo una scatola vuota. Insomma, il classico pacco. I cellulari erano stati messi in vendita su un sito online. Gli interessati avrebbero potuto contattare l’acquirente tramite il numero telefonico che era stato pubblicato accanto alla merce in vendita. Il venditore, ovviamente, con parlatina veloce e sicura, convinceva della bontà dell’affare i potenziali acquirenti: «È un’occasione imperdibile, non se la lasci scappare». Affare fatto, come no. A casa dei degli acquirenti arrivano solo scatole vuote. Quindi sono partire le denunce dei clienti bidonati.
E qui entra in gioco il trentenne sordomuto. Le generalità del presunto venditore appartenevano proprio a lui. Il giovane, che percepisce una pensione di invalidità e vive con la madre anziana, è caduto dalle nuvole quando a casa gli sono arrivati gli atti giudiziari. Lui di quei cellulari in vendita non sapeva proprio nulla. E non ci sarebbe bisogno di spiegare perché. Chi si era appropriato della sua identità e del suo numero di telefono, nel tentativo di scaricare le responsabilità su ignari innocenti, evidentemente non era a conoscenza che fosse sordomuto.
I contatti del trentenne con il mondo esterno sono limitati. Gli unici momenti di svago li passa davanti alla televisione guardando programmi che riportano i sottotitoli per i non udenti. Ora si trova in mezzo a questo guaio, anche se per il suo legale, l’avvocato Claudia Mancini, non dovrebbe essere difficile dimostrare che il ragazzo è estraneo al giro di truffe per il semplice fatto che non era nelle condizioni fisiche per metterle in atto.
La stessa Procura ha notificato gli atti della chiusa inchiesta senza essere a conoscenza della disabilità dell’indagato. Quindi il procedimento, salvo sorprese, dovrebbe essere archiviato. Ma per il trentenne resta comunque la rogna di dover aver a che fare con la giustizia.