Istat, 14 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2021

Il report mostra un importante ricorso alle integrazioni salariali e ad altre misure una tantum, che hanno permesso a molti lavoratori di non scendere sotto la soglia di povertà. Il Mezzogiorno rimane l’area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale, 41,2%, stabile rispetto ai dati del 2020

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Sono quasi 12 milioni le persone che in Italia sono a rischio povertà, il 20,1% di tutta la popolazione.

Hanno un reddito annuo di 10.500 euro, più basso del 60% rispetto a quello mediano. Lo rivela l’Istat nel suo report sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie. I dati sono stati raccolti nel 2021 e fanno riferimento all’anno precedente. A livello nazionale non si registrano significativi scostamenti rispetto agli ultimi dodici mesi. Altri indicatori mostrano come l’11,7% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, cioè con i componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo. Per tenere sotto controllo la situazione economica delle famiglie italiane, l’Istat fa riferimento all’esclusione sociale: si tratta di un indicatore composito che tiene conto delle condizioni di reddito, intensità di lavoro e deprivazione materiale. In totale sono più di 14 milioni le persone a rischio di povertà o esclusione sociale: il 25,4%, più di una persona su quattro. I dati sono in linea rispetto quelli del 2020 e del 2019. Il reddito medio delle famiglie è di 32.812 euro, cioè di 2.734 euro al mese. Rimangono ancora lontani i livelli di reddito pre 2007. La perdita rispetto a prima della crisi economica si attesta in media al 6,2%.

Famiglie numerose più a rischio – Il rischio di povertà e esclusione sociale è più consistente tra le persone che vivono nelle famiglie numerose, con cinque o più componenti. Nei nuclei con tre o più figli, infatti, il rischio arriva al 41,1% nel 2021, in netto aumento rispetto al 34,7% del 2019. Anche le persone sole sono sopra la media, con il 30,6%. Nelle famiglie monogenitoriali il rischio arriva al 33,1%, anche in questo caso in forte aumento rispetto al 2019, quando erano il 34,5%. I nuclei con almeno un cittadino straniero presentano un rischio di povertà o esclusione sociale sensibilmente più elevato: il 42,2%.

Reddito di cittadinanza – L’Istat spiega che il Reddito di cittadinanza ha avuto “un ruolo chiave“. Già nel 2019 970.000 famiglie hanno beneficiato di questa misura, con un importo in media di poco oltre i 3.980 euro annui. Con l’esplosione della pandemia, sottolinea l’Istituto di ricerca, il reddito di cittadinanza ha salvato dalla povertà un numero di famiglie ancora maggiore. Nel 2020, si stima che il reddito di cittadinanza abbia raggiunto oltre 1,3 milioni di famiglie (il 5,3%), con un beneficio annuo di 5.216 euro pro capite. L’impatto del trasferimento è stato in media pari al 29% del reddito familiare complessivo. Soprattutto il Mezzogiorno ha beneficiato di questa politica, con il 10,7% delle famiglie che ne ha ricevuto almeno una mensilità. Percentuale molto maggiore rispetto al Nord-est (1,7%), nel Nord-ovest (2,9%) e nel Centro (3,6%).

Integrazioni salariali e bonus – Il report Istat mostra un importante ricorso alle integrazioni salariali e a diverse misure una tantum, che hanno permesso a molti lavoratori di non scendere sotto la soglia di povertà. In questo senso anche il blocco dei licenziamenti ha pesato molto. L’istituto di ricerca stima che nel 2020 le integrazioni salariali abbiano coinvolto oltre 6 milioni di dipendenti nel periodo della pandemia: la causale Covid-19 ha riguardato il 97,4% di tutti i titolari di integrazioni. In media ciascun beneficiario ha ricevuto 1.495 euro di trasferimenti netti. Inoltre, 4,3 milioni di persone hanno beneficiato del bonus di 600 o 1000 euro emesso dallo Stato nel 2020, a fronte di un trasferimento netto di 6,2 miliardi di euro, cioè 1.451 euro a persona. L’aiuto più richiesto è quello per i lavoratori autonomi autonomi (54%) e co.co.co (34,9%), mentre solo il 4,8% dei lavoratori dipendenti ne ha fatto domanda.

Nord e sud – In generale, si osserva un certo miglioramento nel Mezzogiorno e al Centro e un aumento del rischio di povertà nelle ripartizioni del Nord. Tuttavia, il Mezzogiorno rimane l’area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio di povertà o esclusione sociale – 41,2% – stabile rispetto ai dati del 2020. Al sud aumentano le persone che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa. Tra le regioni dove il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisce di più ci sono la Puglia e la Sicilia, mentre in Campania la situazione peggiora rispetto agli anni precedenti. Nel Nord-est, regione con la minore quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, l’indicatore peggiora nel 2021, arrivando al 14,2% rispetto al 13,2% del 2020 e del 2019. Nel Nord-Ovest, il rischio di povertà o esclusione sociale riguarda il 17,1% degli individui.

 

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