di Peppe Aquaro
Non si conoscevano. Si sono incontrati per la prima volta alla stessa seduta di laurea.
Lunedì 25 luglio a Bari, per la Triennale in Storia e scienze sociali. Prima è toccato a Valerio Wu, 25 anni, di origini cinesi e da tre generazioni in Italia; poi ad Antonio Losavio, 23 anni, di Castellana Grotte, in provincia di Bari.
Valerio è un ragazzo sordo, Antonio ha la sindrome di Asperger. Due disabilità che non gli hanno impedito di proseguire e raggiungere un sogno. Conoscere per essere sé stessi: al di là di ogni tipo di difficoltà. Anche perché, poi, i due ragazzi con la passione per la storia, sono i protagonisti della prima laurea post pandemica. «Non è stata una passeggiata laurearsi in piena era Dad», ricorda Anna Brescia, l’interprete della Lingua dei segni, e che ha seguito passo dopo passo Valerio nella tesi, traducendo a parenti e amici ogni segno di «Il silenzio oltre le piattaforme per studenti sordi: socialità e didattica a distanza in periodo Covid», titolo della tesi che è valsa a Valerio un punteggio finale di 105 su 110.
Per capire come siano andate le cose in questo periodo e cercare di offrire un piccolo contribuito sull’argomento, Valerio ha intervistato colleghi universitari sordi come lui e provenienti da altre quattro università italiane. «Spesso viene fuori una visione distorta del concetto di sordità: la gente, infatti, è abituata a pensare che esista un solo tipo di sordità. Ma non è cosi», ha voluto sottolineare Wu, il quale non stava più nella pelle quando, guardandosi intorno nell’aula delle lauree, ha intravisto suo nonno: «È grazie a lui, alla sua decisione di lasciare la Cina e trasferirsi in Italia, se oggi io mi trovo qui e raggiungo il mio sogno».
Poi, nella lingua dei gesti, Valerio ha preso una seconda corona d’alloro e la posta sul capo del patriarca Wu. Più chiaro di così.
«Certo che proseguirà gli studi, Valerio: dopo tutta la fatica che ha fatto per la triennale», dice Gabrielle Coppola, docente di Piscologia dello Svilippo al dipartimento di Scienze della formazione, psicologia e comunicazione dell’università di Bari e delegata del rettore alla disabilità. «Quando eravamo in Dad, non avere una chiara visione della labiolettura e della interpretazione della Lingua dei segni è stato un vero dramma per Valerio. Per fortuna siamo riusciti, con un piccolo, grande stratagemma, e alla Rete messa in campo sia dall’Università che dalla sede barese dell’Ente nazionale sordi, a posizionare due schermi per Valerio: sul primo c’era l’interprete e sull’altro, il docente», spiega Coppola, la quale ha avuto modo di conoscere molto bene entrambi i ragazzi laureatisi ieri: «Antonio è una forza della natura, ma forse è ancora più determinata di lui, sua mamma, la signora Lucia», o per i parenti e gli amici più stretti, la «Leonessa»: non ha mai mollato il suo Antonio, accompagnandolo ogni giorno a lezione, da Castellana Grotte a Bari.
«Antonio ha un altissimo senso dello Stato e una vera passione per chi questo stesso Stato lo ha servito fino alla fine: da Falcone e Borsellino a Piersanti Mattarella e Aldo Moro». E su quest’ultimo nome ricordato da mamma Lucia, Antonio ci ha costruito una tesi, «Aldo Moro e la Costituente», premiata con 110 e lode, dedicata al celebre statista italiano trucidato dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978. Lo scorso 9 maggio, a Bari, nel corso della commemorazione di Moro, studente e professore all’università barese, che porta il nome del politico pugliese; tra il questore, il prefetto e il rettore dell’Ateneo, c’era anche lui, Antonio Losavio. «In quella stessa occasione, Antonio si è presentato al rettore dell’università, parlandogli della sua tesi su Moro: così, il dottor Stefano Bronzini gli ha promesso che lo avrebbe laureato lui stesso», ricorda la mamma di Antonio, angelo custode, insieme ai tutor alla pari, Saverio Scavo e Anna Martina, di un sogno macinato chilometro dopo chilometro: «Lasciavo la mia azienda agricola a Castellana, e mi mettevo in macchina con Antonio: abbiamo seguito insieme tutte le lezioni possibili. Ed è come se mi fossi laureata anch’io, dopo aver conseguito soltanto la licenza Media».
Certo che Antonio proseguirà gli studi: «Vorrebbe insegnare, oppure fare il bibliotecario: ha una memorai visiva pazzesca. Ma per me l’importante è che stia con gli altri: per la sua sindrome ha bisogno di socializzare, senza chiudersi in sé stesso». Due bellissime storie, dunque, portata avanti con determinazione e sacrificio. «Però, è sempre meglio essere realisti: la gestione della disabilità in ambito universitario non è una passeggiata. Nel caso di Valerio e Antonio, siamo stati fortunati: i ragazzi avevano una grande passione e un altrettanto valida rete collaborativa alle loro spalle», conclude Gabrielle Coppola.