Il presidente dell’ente sordi contro il Galliera: “Undici ore al pronto soccorso, nessuno mi capiva”

La direzione dell'ospedale ha fornito una spiegazione dei fatti dopo la denuncia social di Simone Lanari

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“Oltre undici ore di attesa senza essere visitato al pronto soccorso dell’ospedale Galliera di Genova“.

di Luca Pastorino

Simone Lanari, presidente dell’Ens, ente nazionale sordi di Genova, ha raccontato l’episodio sui social e si è sfogato raccontando di aver fatto presente di essere sordo, ma di non aver trovato nessuno all’interno dell’ospedale in grado di comunicare con lui.

Simone Lanari ha raccontato di essere entrato all’ospedale alle 13:45 di venerdì 29 aprile 2022 e che all’una di notte di sabato 30 non era ancora stato visitato.

Davide Rossi, consigliere comunale della Lega che da tempo collabora con l’Ens, ha denunciato l’episodio e ha spiegato: “Simone ha raccontato di aver fatto presente di essere sordo e quindi in difficoltà di poter interagire con le persone del pronto soccorso del secondo ospedale genovese, nessuno ha voluto capire come comunicare con lui, visto che parla solo la lingua dei segni e con la mascherina è difficile leggere il labiale. Trovo questa cosa vergognosa, grave e da chiarire, e inoltre qualcuno deve delle scuse a lui e a tutte le persone sorde. Nel 2022 queste cose non possono accadere in una città come Genova”.

Genova Today ha contattato il Galliera, che ha fornito la propria versione dei fatti attraverso il direttore del pronto Soccorso Paolo Cremonesi: “Al triage gli è stato assegnato un codice verde e gli è stato spiegato che si trattava di un problema non grave, che avrebbe potuto affrontare con il medico di famiglia, altrimenti avrebbe potuto aspettare, ma con tempi molto lunghi.

Non è vero che è stato abbandonato, la caposala si è abbassata la mascherina proprio per fargli leggere il labiale e, con il giusto distanziamento, si è premurata di spiegargli la situazione, ipotizzando una lunga attesa, c’erano infatti una trentina di pazienti in coda con codici più gravi”.

“Inoltre – prosegue Cremonesi  – l’infermiera è andata diverse volte a sincerarsi della sua situazione e, proprio per la particolarità del caso, gli è stato concesso di rimanere in compagnia delle due sorelle, cosa che, per le norme attuali, non sarebbe possibile”.

 

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