Anche l’Accademia della Crusca si scaglia contro il Green pass. Ma non per i motivi del movimento contrario alla certificazione verde.
A spiegare il perché è il presidente dell’istituzione che studia la nostra lingua, Claudio Marazzini. In un’intervista concessa ad Adnkronos ha sottolineato come a causa della pandemia siano entrante nell’uso comune espressioni “che hanno origine vera nell’inglese, come lockdown, oppure sono finte, perché hanno un aspetto inglese, sì, ma privo di riscontro nell’uso degli anglofoni nativi”.
“Green pass” non viene usato in lingua inglese, la Crusca contraria
Proprio come nel caso del Green pass, “espressione, come è stato ormai appurato, priva di circolazione in Usa e in Inghilterra, fortunata solo in poche nazioni, tra cui l’Italia, e priva di ufficialità anche nell’Unione Europea”. A livello internazionale, infatti, il nome ufficiale è Digital Covid certificate.
Sì ai “no vax” dall’Accademia della Crusca: è un termine elementare
“Va precisato, tuttavia, che un anglismo non è necessariamente oscuro di per sé”. Il termine “no vax“, ad esempio, è “chiarissimo, nella sua elementarità semantica”, e si allinea a forme analoghe come “no tax”, “no pass”, “no mark”, “no tap” e “costrutti precedenti anche più italiani”. Ad esempio “no tav”, che significa solo no treno ad alta velocità.
Anche droplet e booster bocciati dall’Accademia della Crusca
Diverso il caso di parole come “droplet” o “booster“, che erano “inizialmente ignote alla maggior parte degli italiani, e probabilmente ora sono note, sì, ma superficialmente. Non tutti saprebbero spiegarne esattamente il significato, che viene ricavato in maniera approssimativa in base al contesto. Perlomeno, questa è la situazione della maggior parte della gente”, ha spiegato ancora Claudio Marazzini.
Si tratta di termini “da evitare. Si può certamente invocare il diritto dei cittadini a una comunicazione chiara. Invece booster è finito persino nella modulistica che si firma all’atto di ricevere la terza dose”.
Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca.
“La formazione specialistica di molti operatori sanitari, anche di alto livello, li rende ormai troppo spesso refrattari all’uso linguistico della nazione. Infatti, per chi valuta lo stato di salute della lingua, il problema è ancora un altro, e ben più grave”, ha dichiarato l’esperto.
Ovvero che tutte le novità che si affacciano all’orizzonte hanno un nome inglese, “autentico o artefatto, in inglese. Come se la nostra lingua fosse assolutamente inerte e improduttiva, o perlomeno come se tali fossero, rispetto alla lingua medesima, gli esponenti della classe dirigente che se ne servono. Anzi, che non se ne servono”.
E così il mondo della ristorazione e della somministrazione di cibo e bevande è diventato “food and drink”, gli animali domestici sono “pet” e mangiano “pet food”, le grandi catene commerciali non hanno più negozi ma “store”.