Seduta sula soglia di casa, Magartu naviga sul telefono. Come la maggior parte degli adolescenti, si gode una pausa dallo studio per rilassarsi e controllare i messaggi ricevuti.
Di Samuel Otieno nel campo di Kakuma, Kenya | 16 Dic 2021
Magartu, sedici anni, è una rifugiata etiope; ha perso la vista da piccola e ha imparato a convivere con la propria disabilità. Sul suo telefono è installata un’applicazione ad attivazione vocale che le permette di accedere ai suoi social preferiti.
“Quando ricevo un messaggio, lo ascolto e rispondo tramite l’app. È così che rimango in contatto con i miei amici” dice sorridendo.
Magartu aveva solo otto anni quando insieme al fratello e alla sorella, entrambi più grandi di lei, è fuggita dall’Etiopia a causa del conflitto. Arrivati al campo di Kakuma in Kenya, i suoi fratelli l’hanno immediatamente iscritta alla Tarach Primary School, una scuola speciale per bambini con disabilità.
“All’inizio, andare a scuola era stressante. Piangevo spesso perché non capivo la lingua. Mi sembrava che tutti parlassero di me” ricorda, aggiungendo che i suoi insegnanti sono stati pazienti con lei e l’hanno aiutata a imparare l’inglese, la lingua di insegnamento ufficiale in Kenya.
“All’inizio, andare a scuola era stressante. Piangevo spesso perché non capivo la lingua”.
In prima media, è passata in una scuola tradizionale, dove i bambini con disabilità sono integrati con gli altri studenti. Il personale e i compagni l’hanno accolta e supportata. Frequentare le lezioni insieme ad altri studenti e partecipare ad attività extra-curriculari come sport e laboratori l’ha aiutata ad acquisire più fiducia in sé stessa.
“Nella scuola speciale non avevo nessuno con cui confrontarmi, perché ero l’unica studentessa dell’ultimo anno. Quindi, qualunque voto prendessi, ero sempre la prima della classe” spiega. “La mia nuova scuola mi piaceva molto perché c’era un confronto. Mi sentivo abbastanza coraggiosa da credere di poter essere la prima della classe. Perché non avrei dovuto esserlo?” aggiunge.
Nel mondo ci sono oltre 12 milioni di persone con disabilità che, come Magartu, state costrette a fuggire a causa di persecuzioni, violenze e violazioni dei diritti umani, anche se, in base ad alcuni studi e stime, il numero reale potrebbe essere molto più alto. Queste persone sono più esposte a violenza, discriminazione, sfruttamento e abuso, incontrano ostacoli per accedere ai servizi di base e spesso vengono escluse dall’istruzione e dalla possibilità di lavorare per guadagnarsi da vivere.
L’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, riconosce che includere le persone con disabilità nei percorsi educativi è un passo fondamentale per consentire loro di realizzarsi e poter condurre una vita piena e dignitosa.
Per raggiungere questo obiettivo in Kenya, l’UNHCR e i suoi partner educativi – Lutheran World Federation (LWF), Finn Church Aid e Humanity & Inclusion – hanno avviato un progetto pilota di educazione inclusiva in diverse scuole nel campo di Kakuma e nell’adiacente insediamento di Kalobeyei, compresa l’ex scuola di Magartu. Gli studenti con disabilità vengono inseriti nella stessa classe degli altri studenti, e così facendo si crea per loro un’atmosfera meno discriminatoria e più inclusiva.
La prima fase del progetto prevedeva la partecipazione della comunità e una serie di attività di sensibilizzazione nelle scuole, con genitori, tutori, leader della comunità e studenti. Gli studenti selezionati sono stati quindi iscritti al progetto, con il consenso dei loro genitori e tutori.
“Attraverso l’educazione inclusiva, abbiamo visto una maggiore uguaglianza nella partecipazione di tutti i bambini alle attività scolastiche” spiega Elizabeth Wanjiku, Responsabile dell’educazione inclusiva della LWF di Kakuma. “Sono maggiormente coinvolti e sono orgogliosi dei loro successi personali. Sempre più studenti con disabilità sono contenti di questo approccio”.
Ali Omar Duale, responsabile educativo dell’UNHCR a Kakuma, aggiunge: “È importante garantire che le scuole dispongano di risorse adeguate, che gli insegnanti siano formati e le infrastrutture vengano rese accessibili a tutti, per gestire adeguatamente le diverse esigenze degli studenti”.
“È importante garantire che le scuole dispongano di risorse adeguate”.
Tutto indica che Magartu è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi. All’inizio dell’anno ha sostenuto gli esami finali nazionali della scuola primaria e si è classificata tra i migliori studenti della sua classe e addirittura del Paese: su oltre 2.600 studenti con disabilità, infatti, solo 318, inclusa Magartu, hanno ottenuto oltre 300 punti su un massimo di 500.
“Sono molto felice di essere tra i migliori studenti del campo” afferma con orgoglio.
La pandemia di COVID-19 non ha fermato l’impegno per garantire una continuità di apprendimento sia nel Paese che nel campo, grazie ai finanziamenti dei donatori. Per fortuna, l’accessibilità di soluzioni digitali che utilizzano la tecnologia mobile ha permesso a studenti come Magartu di continuare il proprio percorso di studio.
“Ho ricevuto i libri di testo in Braille che posso leggere da sola e una radio per seguire lezioni dal vivo” aggiunge Magartu.
Secondo Elizabeth di LWF, i risultati ottenuti da Magartu ispireranno molti altri studenti con disabilità a credere in sé stessi.
“Continuiamo a esortare genitori e tutori a iscrivere i propri figli che convivono con una disabilità nelle scuole tradizionali”, aggiunge Elizabeth.
“La vita vi presenterà sempre delle sfide, ma sapete una cosa? Possiamo superarle!”
Grazie a una borsa di studio dell’UNHCR, Magartu si è iscritta in una scuola superiore locale per poter finire gli studi e iscriversi alla facoltà di legge.
“Voglio diventare avvocato e difendere le persone che sono state private dei loro diritti, come coloro che convivono con una disabilità, gli orfani e le vedove”, sostiene.
Magartu incoraggia le persone con disabilità a inseguire i propri sogni e a non arrendersi mai.
“Siate coraggiosi e non arrendetevi mai. La vita vi presenterà sempre delle sfide, ma sapete una cosa? Possiamo superarle!”
(La studentessa rifugiata dall’Etiopia Magartu siede fuori da una casa nel campo rifugiati di Kakuma, in Kenya. © UNHCR, foto in alto)